Escluso il missile – “perche’ a quella distanza il velivolo potrebbe essere colpito solo con un sofisticato sistema terra-aria a guida radar, di cui i gruppi terroristici non risulta dispongano” – sono diverse le ‘tecniche’ che potrebbero essere state adottate per far precipitare il velivolo dell’Egypt Air, nel caso in cui la tragedia dovesse essere, come si ipotizza, conseguenza di un attentato e, in particolare, di un’esplosione. “Il primo scenario e’ quello di un ordigno collocato a bordo del velivolo con delle complicita’ interne“, afferma Pietro Batacchi, direttore di Rid, la Rivista italiana difesa. “La memoria – sottolinea – va al charter russo della Metrojet esploso in volo nei cieli della Penisola del Sinai lo scorso autunno sulla tratta Sharm El Sheik-San Pietroburgo. In quel caso un ordigno esplosivo improvvisato sarebbe stato introdotto a bordo da un meccanico in servizio all’aeroporto di Sharm legato, per via del cugino, allo Stato Islamico e vi sarebbe stata inoltre la complicita’ di altro personale di sicurezza ai controlli“.
Ma “uno scenario del genere – afferma Batacchi – potrebbe verificarsi piu’ difficilmente in un aeroporto tipo Charles De Gaulle dove i controlli sono piu’ rigorosi, soprattutto dopo l’ondata di attentatati subita dalla Francia tra il 2014 ed il 2015. E ultimamente in Francia sono stati ritirati diversi badge a personale sospetto addetto alla sicurezza o alla logistica aeroportuale“. Un’altra ipotesi sarebbe “quella dell’impiego di componenti non rilevabili ai controlli, con cui poi assemblare a bordo un ordigno improvvisato. Esattamente – osserva l’esperto – quanto accadde nel Natale 2009 sul volo 253 della Nortwest Airlines quando un terrorista nigeriano legato ad Al Qaeda nella Penisola Arabica, provo’ a far detonare una miscela fatta di pentrite e perossido di acetone nascosta nelle mutande, ma non vi riusci’ grazie anche all’intervento degli altri passeggeri“. Si tratta di “poco meno di un etto di miscela: piu’ che sufficiente, se fatta detonare con efficacia, a creare un danno irreparabile ad una struttura pressurizzata come quella della cellula di un aereo passeggeri in volo ad alta quota“. Secondo Batacchi, “un altro caso da prendere in considerazione e’ quello dell’A-321 della compagnia somala Daallo Airlines su cui nel febbraio scorso fu fatto esplodere un piccolo ordigno, presumibilmente un ‘pacchetto’ di TNT, nascosto dentro ad un laptop. L’esplosione, rivendicata poi dagli Al Shabaab, provoco’ uno squarcio nella fusoliera, ma l’aereo riusci’ a rientrare con sicurezza all’aeroporto perche’ la detonazione era avvenuta poco dopo il decollo, ovvero ad una quota ancora troppo bassa“. L’ultima ipotesi e’ quella del dirottamento, “con un commando kamikaze che potrebbe aver preso il controllo della cabina di pilotaggio per far precipitare poi l’aereo“. Ma si tratta, appunto, soltanto di ipotesi, “che potranno essere definitivamente chiarite – conclude il direttore di Rid – solo con il ritrovamento della scatola nera e l’analisi del Flight Data Recorder, che registra tutti i parametri di volo, e del Cockpit Voice Recorder, che registra invece le comunicazioni della cabina di pilotaggio“.