La tecnologia della stampa 3D applicata al mondo medicale cresce sempre di più. Una nuove frontiera della ricerca che ha già mostrato grandi potenzialità: protesi fatte con biomateriali, ovvero con un combinato di materiale artificiale e biologico in grado di sostituire ossa e cartilagini. Realizzate su misura per le esigenze del paziente. Secondo i dati dell’International Data Corporation (Icd), in Europa occidentale, il mercato della stampa 3D è destinato a crescere: nel 2019 la spesa toccherà i 7,2 miliardi e a trainare la crescita saranno proprio le applicazioni in campo medicale, che nel 2019 rappresenteranno il 33% circa della spesa in stampa 3D, scalzando il ‘manufacturing’ di prodotto. Il futuro della medicina e della salute è quindi sempre più 3D. Exposanità, la manifestazione in Italia dedicata al servizio della sanità e dell’assistenza, che si svolgerà a Bologna Fiere dal 18 al 21 maggio, organizzerà ‘3DPrint Hub’ uno spazio ‘ad hoc’ in cui mettere in relazione la tecnologia della stampa 3D col mondo medicale. Ad aprire la manifestazione sarà l’ Idbn, Italian Digital Biomanufacturing Network, che farà il punto della situazione sul 3DPrinting e sul bioprinting. A coordinare i lavori, insieme a Nicola Bizzotto, medico chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale Sacro Cuore Negrar di Verona, ci sarà l’ingegner Alberto Leardini, responsabile tecnico-scientifico del Laboratorio di Analisi del Movimento e valutazione funzionale-clinica protesi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli. Il Rizzoli è la struttura di ricovero e cura a carattere scientifico di Bologna che detiene la primogenitura mondiale di trapianti di vertebre stampate in 3D, su pazienti affetti da tumori ossei. Quattro ad oggi gli interventi effettuati, tutti con successo. A questi si aggiungono i sei interventi in cui segmenti di bacino disegnati partendo dalle immagini radiografiche di ogni singolo paziente sono stati progettati, stampati in 3D ed impiantati in altrettanti ragazzi affetti da osteosarcoma. “Grazie alla stampa 3D, la nostra équipe chirurgica è stata in grado di concludere l’operazione, che normalmente richiedeva dalle 6 alle 8 ore, in solo 4 ore – racconta Alberto Leardini – L’impianto stampato è identico nella forma alla sezione ossea da rimuovere e sostituire e non necessita perciò di ulteriori modifiche. In più, il fatto che sia realizzato in titanio, previene il rischio di infezioni, velocizzando il decorso post operatorio. In sostanza, con la stampa 3D non è più il paziente che si deve adattare alla protesi e ai tempi della chirurgia, ma viceversa: il che implica certamente una miglior trattamento e speriamo una migliore qualità della vita dei pazienti, nonché alla fine costi assistenziali inferiori”. “Anche se siamo ancora in fase di sperimentazione, i risultati ottenuti ci fanno dire che in un futuro prossimo si potranno applicare sull’uomo protesi in materiali sempre più simili a quelli che si ritrovano nel corpo umano e che permetteranno un’integrazione migliore nel paziente – prosegue Leardini – Il 3D modella la protesi o l’impianto sulle esigenze e peculiarità del paziente: stiamo implementando al calcolatore una procedura che ci permetterà di ottenere una protesi metallica personalizzata, per interventi di sostituzione alla caviglia, mentre ad oggi sul mercato ci sono solo dispositivi in 3 o 5 taglie. Un grande vantaggio – conclude – per chirurghi e, soprattutto, pazienti, soprattutto per migliorare funzione e sopravvivenza degli impianti“.