La Luna torna al centro dei programmi di esplorazione dello spazio e i suoi futuri visitatori troveranno ad attenderli un’attrattiva senza paragoni: i primi parchi archeologici della presenza umana fuori dalla Terra. Già in previsione delle missioni robotiche che si annunciano sulla Luna, la Nasa ha proposto di limitare l’avvicinamento ai siti storici degli allunaggi per proteggere le zone calpestate dagli astronauti più di quarant’anni fa e tutelarle da possibili contaminazioni. Ma quale valore possiamo attribuire a quelle tracce? Perché considerare come un ”tesoro” tutto ciò che è rimasto lassù?
Ma soprattutto perché non andiamo più sulla Luna? A ”Lo stato dell’arte”, il programma di rai Cultura in onda domani alle 00.10 su Rai5, Maurizio Ferraris ne parla con Stefano Catucci, docente di Estetica all’Università Sapienza di Roma presso la Facoltà di Architettura, e Paolo D’Angelo, giornalista scientifico esperto di storia della conquista dello spazio. Per Stefano Catucci abbiamo trasformato la Luna in una seconda Terra, e il nostro deficit di immaginazione del futuro è legato probabilmente anche alle delusioni dell’era spaziale: la cultura della sicurezza e del narcisismo ha eclissato la dimensione del sublime. Oggi, comunque, tornare sulla Luna è visto come un passo intermedio: il vero obiettivo sembra essere Marte. Secondo Paolo D’Angelo, invece, la promessa di Kennedy di andare sulla luna era una promessa squisitamente politica: l’America si era trovata in competizione con l’Urss anche in campo spaziale. Una volta battuta l’Unione Sovietica, l’interesse per la Luna è scemato.