Zika: “Europa a rischio basso-moderato”, ecco i consigli per chi viaggia

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“Ammesso che la probabilità di infezione da virus Zika sia associata a un’elevatissima percentuale di casi con malformazioni a carico del feto come la microcefalia – spiega il Prof. Massimo Galli, vicepresidente SIMIT – poiché i riscontri dicono che le malformazioni sono particolarmente frequenti in Brasile, ma potrebbero riguardare anche altri co-fattori riguardanti la popolazione o l’ambiente brasiliano. I Paesi coinvolti da queste epidemie sono dunque quelli dell’America centro-meridionale nella fascia tropicale. Prima ancora c’erano stati casi nella Polinesia francese e in varie isole e in vari arcipelaghi del Pacifico, quindi sempre nella fascia tropicale del globo, e prima ancora erano state segnalate epidemie in Africa, dove ha avuto origine il virus. Attualmente sia la Polinesia sia l’area dell’America centro-meridionale sono le più interessate con un numero di casi particolarmente elevato, soprattutto il Brasile e i Paesi confinanti nella fascia equatoriale.”

IL CONGRESSO – Si è parlato anche di Zika ad ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, a Milano presso l’Università Milano-Bicocca, nella lettura magistrale diGiuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto di Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma e rappresentante italiano della Task Force internazionale creata per combattere l’infezione.

“Zika è solo l’ultimo dei virus – spiega il Prof. Ippolito – che dal continente africano sono passati dapprima in Sudamerica e quindi nel nostro continente: ma diversamente dagli altri, la sua rapida diffusione ed alcune caratteristiche inusuali ci hanno costretti a confrontarci e a gestire informazioni del tutto nuove. Questa epidemia è sostenuta, infatti, da una “congiuntura” mai capitata prima di diversi fattori: l’infezione viene trasmessa non solo da un vettore assai diffuso (oltre alla comune zanzara Aedes egypti anche da molte altre specie di zanzare) ma utilizza sia la trasmissione verticale che sessuale che la contaminazione attraverso prodotti ematici infetti (trasfusioni).

LaPresse/Reuters
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I DATI – A fine maggio 2016, secondo i dati di sorveglianza sulle infezioni dell’European Center for Disease Control (ECDC), erano 51 i paesi a segnalare casi autoctoni di infezione da virus Zika nei 9 mesi precedenti: il numero casi di microcefalia o di altre malformazioni associate a questa infezione vede il primato del Brasile (1.326) seguito dagli altri paesi con numeri molto più contenuti: Colombia (7), Panama (5), Martinica (3), Capo Verde e USA (2), Isole Marshall e Spagna (1).  Tredici paesi o territori in tutto il mondo hanno segnalato un numero di casi della sindrome di Guillain-Barré, correlata a Zika, superiore all’atteso.

IL RISCHIO DELL’EUROPA –  A fine maggio non erano stati segnalati casi autoctoni di infezione nell’Europa continentale, ed i casi importati sono 607, in 18 paesi: di questi, 34 in donne in gravidanza.  Si tratta però di dati che, in mancanza di una rete di sorveglianza, non possono essere considerati definitivi.

Alcuni giorni fa il nuovo report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha calcolato il rischio nella regione europea, che riguarda 900 milioni di persone: il livello del rischio varia da Paese a Paese ed è più alto in quelli dove sono già presenti le zanzare Aedes aegypti, principali vettori dell’infezione.  Secondo l’OMS,  per la presenza della zanzara Aedes albopictus, o zanzara tigre, il rischio di diffusione locale dell’epidemia, è moderato in 18 Paesi: tra questi c’è il nostro, con un punteggio di 8.12 su 10, dopo Francia e prima di Malta. Solo nell’isola di Madeira e sulla costa nord-orientale del Mar Nero, dove la zanzara Aedes aegypti è già presente, il rischio è considerato alto. Nei restanti 36 Paesi il rischio di epidemia è basso, bassissimo o nullo, grazie all’assenza di zanzare del genere Aedes e alle condizioni climatiche.

RISULTATI DI DIFFICILE INTERPRETAZIONE – Purtroppo nonostante gli sforzi fatti per la messa a punto di test diagnostici manca ancora uno standard di riferimento ed i risultati sono di difficile interpretazione. Per questo è necessario ricorrere a centri specializzati che possano utilizzare più test virologici ed immunologici per cercare di arrivare ad una diagnosi precisa. Questo assume un’importanza ancora maggiore nel caso delle donne gravide, a cui è necessario fornire il maggior numero di informazioni possibili per consentire una scelta consapevole.

In ogni caso l’epidemia da virus Zika sta determinando lo sviluppo di tecniche e metodiche che potranno rivelarsi utili per l’inquadramento clinico e la ricerca di altre infezioni virali del Sistema nervoso, come anche per lo studio di malattie neurologiche degenerative. Inoltre i modelli animali consentiranno di studiare meglio altre infezioni in gravidanza.

Il rischio di un epidemia in Europa, basato sulla probabilità che Zika si diffonda in una determinata area e sulla capacità del singolo Paese di prevenire o fermare rapidamente la trasmissione locale del virus, è stato definito basso-moderato dall’OMS: si parla, infatti, di “possibilità”. Così, se le Raccomandazioni per i paesi a maggior rischio prevedono attività di prevenzione dell’introduzione e diffusione delle zanzare, interventi sanitari strutturati entro le prime 24 ore dalla diagnosi, supporto alle categorie a maggior rischio (come le donne incinte), in tutti gli altri paesi, come l’Italia, è sufficiente adottare strategie di controllo e contrasto del vettore sulla base della trasmissione locale del virus,diagnosticare precocemente i casi importati e fornire informazioni adeguate ai viaggiatori diretti a (o provenienti da) zone dove l’epidemia è in atto, inclusa la possibilità di trasmissione sessuale. Nella seconda metà di giugno, è prevista una prossima riunione europea degli esperti WHO per aggiornare gli interventi in relazione alla diffusione del virus.

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