Basilicata: la popolazione diminuisce ancora, l’ANCI lancia un piano urgente

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Un piano urgente contro lo spopolamento della Basilicata è stato proposto dall’Anci per studiare delle politiche in grado di creare lavoro, attrarre investimenti e creare le condizioni per un modello positivo di integrazione con gli stranieri. La dinamica demografica è inesorabile: la popolazione si riduce in modo costante ed attualmente risiedono in Lucania poco più di 570.000 abitanti. I dati Istat certificano una tendenza conclamata che si verifica soprattutto nei piccoli Comuni e nelle aree interne meno sviluppate. I giovani lasciano la loro terra, nonostante la presenza di un’Università che ha sedi sia a Potenza che a Matera, mentre si assiste ad una tendenza all’invecchiamento della popolazione. All’ultimo censimento, ottobre 2011, i lucani residenti erano 578.036. Le oscillazioni sono tutte in riduzione. Al primo gennaio del 2015 erano registrati 576.619 residenti; al primo gennaio di quest’anno 573.694 (provincia di Potenza 372.835; provincia di Matera 200.512) ed in cinque mesi, al 31 maggio, c’è stata un’ulteriore riduzione a 572.066 (provincia di Potenza 371.999; provincia di Matera 200.067, a poche decine dalla soglia dei 200mila). Le ripercussioni sono quotidiane. Gli uffici postali chiudono definitivamente oppure gli sportelli aprono a giorni alterni nelle frazioni o nei centri più piccole. Chiudono le edicole dei giornali, non si aprono altre farmacie. I servizi tendono a concentrarsi in pochi Comuni mentre spariscono nella galassia dei piccoli centri. Sono decine in Basilicata quelli con popolazione inferiore a mille abitanti. Su questo tema l’Anci ha organizzato un’assemblea regionale, a Potenza. L’argomento è stato scelto in considerazione dei dati sull’andamento demografico della regione, in base ad uno studio del Cresme, il centro di ricerche sul mercato dell’edilizia. ”E’ la vera emergenza della Basilicata perché rischia di dissolverla”, dice all’AdnKronos il presidente dell’Anci lucana Salvatore Adduce, ex sindaco di Matera. ”Serve una terapia di urto – sottolinea – contro questa costante emorragia. Abbiamo pensato a questa assembea per aprire un cantiere. Non abbiamo delle ricette immediate, dobbiamo confrontarci e studiare le migliori strategie. E per fare questo dobbiamo partire dai dati e dalle proiezioni future che sono raccapriccianti e meritano un approfondimento ed un’immediata reazione. Secondo il Cresme – sottolinea Adduce – fra 20-25 anni la Basilicata si troverà ad avere 450mila abitanti. Questo deve obbligarci ad un piano sistematico in cui vogliamo coinvolgere anche il Ministero della Salute perché si tratta di un tema economico e sociale”. Industria e cultura le leve su cui vengono avanzate le prime proposte. ”Un’idea è quella della zona franca energetica sia per far risparmiare i cittadini che per attrarre imprese ed investimenti sul territorio – sottolinea Adduce – mentre un altro tema importante è la cultura, simboleggiato da Matera 2019, che può essere intesa come una strada maestra per frenare questo fenomeno”. A Fardella, un Comune potentino di circa 600 anime, l’asilo comunale è rimasto aperto. L’inserimento di sette bambini, figli di migranti richiedenti asilo (in tutto una trentina nel piccolo centro), ha scongiurato la chiusura imminente della struttura pubblica. Questo caso è diventato in Basilicata un esempio di integrazione ed anche un segnale di speranza per i piccoli Comuni. Proprio qui l’inserimento di giovani nuclei familiari con i programmi Sprar per richiedenti asilo va in controtendenza rispetto alla fuga dei ragazzi in cerca di prospettive di vita e di lavoro più promettenti e, nel contempo, va a compensare i bassi indici di natalità che portano ad un saldo naturale negativo (più morti che nati). ”L’accoglienza e l’integrazione dei migranti – aggiunge Adduce – sono delle questioni da saper coltivare. In alcuni casi salviamo delle scuole grazie alla presenza dei migranti ma dobbiamo stare attenti e far capire che dedichiamo grande attenzione ai nostri cittadini perché ciò potrebbe mettere a rischio i processi di integrazione. Se ci riusciamo, grazie ad un lavoro corretto possiamo costruire un modello di accoglienza che va oltre la solidarietà ma diventa anche un fatto positivo sia economico che sociale”.

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