Perché l’uomo deve andare su Marte? “Un salto quantico per la scienza e per la tecnologia”

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Perché l’uomo deve andare su Marte? La giovane ed entusiasmante storia dell’esplorazione spaziale è la prima risposta: dal 1957, anno del lancio del primo satellite, lo Sputnik, passando per il volo del ’61 di Jurij Gagarin, fino all’impronta lunare di Neil Armstrong, in soli 12 anni l’uomo ha conquistato lo spazio. Erano passati poco più di 50 anni dal primo volo dei fratelli Wright e l’Homo sapiens in un batter d’occhio aveva cominciato a tracciare in cielo e nello spazio le nuove rotte della sua evoluzione, seguendo l’incomprimibile necessità di esplorare,” dichiara Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, in un editoriale per La Stampa.
Un’altra risposta è che lo spazio è un formidabile volano di innovazione tecnologica. Un esempio è quello dei computer. Dietro al successo dell’allunaggio ci fu l’Apollo Guidance Computer, il sistema di controllo, guida e navigazione, il primo computer a circuiti integrati della storia dell’informatica, al quale lavorarono insieme alla Nasa scienziati del Mit di Boston.
Quel lavoro è realmente uno dei pezzi portanti della storia dell’informatica, che ha dato il via all’utilizzo dei sistemi a guida fly-by-wire (cioè sistemi elettronici e computerizzati che comandano direttamente motori e superfici di guida): questi, grazie alla ricerca, ebbero una fondamentale ricaduta per l’industria aerospaziale. Ma la ricaduta della tecnologia dei viaggi lunari è andata ben oltre il settore aerospaziale: dal goretex derivato dalle tute degli astronauti all’invenzione di strumenti a batteria per trivellare il suolo lunare, dal velcro al posto di bottoni e chiusure lampo ai rilevatori di fumo, dalle gomme da masticare al fluoro agli impianti ad energia solare.

uomo su marteSi è calcolato che ogni dollaro speso, dei circa 25 miliardi stanziati per il programma lunare dalla Nasa, è stato moltiplicato per tre dalle ricadute tecnologiche sul mercato. È un punto fondamentale, pensando alla «new space economy» che oggi più di ieri sta trasformando lo spazio in un motore dell’economia, influenzando positivamente la nostra vita. Grazie ai sistemi satellitari di osservazione della Terra, infatti, monitoriamo con precisione il nostro pianeta in modo da capire meglio le dinamiche dei diversi ecosistemi e da intervenire sui cambiamenti climatici o sulle coltivazioni oppure fornendo previsioni accurate per agire con più rapidità nel caso di disastri naturali. Tutto questo porta ricadute economiche e innesca nuovi studi scientifici.

Lo spazio è un’infrastruttura pervasiva e per definizione senza confini, della quale non conosciamo ancora tutte le potenzialità, e che crea una formidabile catena di nuovo valore in grado di arrivare a tutti i cittadini. Questo è il punto: lo spazio è allo stesso tempo fonte di grande ispirazione, di progresso e di produzione di valore.

Non a caso due settimane fa Elon Musk, il capo di SpaceX, ha avuto un grande successo quando ha spiegato all’International Astronautical Congress di Gaudalajara, in Messico, il suo programma di colonizzazione di Marte. Eppure, solo pochi giorni prima, uno dei suoi lanciatori era esploso durante un test. Al di là delle difficoltà e degli insuccessi che sono inevitabili nel nostro cammino terreno e spaziale, la volontà di visionari come Musk è il bene più prezioso che giustifica e alimenta le esplorazioni spaziali. Ora – conclude BattistonMarte può garantire all’umanità quello che già è stato garantito dall’Apollo sulla Luna, ossia un salto quantico per la scienza e per la tecnologia: Dovremo avere un software e un hardware in grado di essere autonomi a grandissime distanze. E in condizioni estreme.”

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