I batteri intestinali influenzano la risposta del sistema immunitario

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Le persone rispondono diversamente fra loro a virus e batteri e sono piu’ o meno suscettibili a malattie autoimmuni, come artrite reumatoide, diabete di tipo 1 e la sclerosi multipla. A contribuire a questa variabilita’ di fondo, non sono solo l’ambiente e la genetica, ma anche il microbioma intestinale, ovvero la popolazione di batteri che popola il nostro intestino. L’insieme di questi fattori infatti e’ collegato alla produzione di citochine del sistema immunitario. A indagare su questi aspetti uno studio pubblicato questa settimana sulla rivista ‘Cell’, parte del piu’ ampio Human Functional Genomics Project (HFGP) condotto da ricercatori del Massachusetts General Hospital (MGH), del Broad Institute del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e di Harvard, e dal Radboud University Medical Center dei Paesi Bassi. Lo studio ha analizzato campioni di sangue e feci di 500 adulti sani dell’Europa occidentale per cercare variazioni individuali nelle risposte immunitarie ai patogeni. Le cellule immunitarie dei partecipanti sono state esposte a tre stimolazioni batteriche – B. fragilis, S. aureus ed E. coli – e due forme del fungo Candida. La loro risposta si e’ riflessa nella produzione di citochine, ovvero molecole proteiche che fungono da segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario e diversi organi e tessuti. Ma i ricercatori hanno riscontrato che anche i metaboliti prodotti dai batteri intestinali interagiscono con la risposta immunitaria. Il quadro generale suggerisce che le variazioni nel cambiamento del microbioma dell’intestino e la produzione dei metaboliti porta a risultati diversi quando le cellule del sistema immunitario sono esposte a diverse infezioni. “Comprendendo meglio in che modo genetica, microbioma e ambiente guidano le variazioni nella risposta immunitaria, potremmo essere in grado di identificare i fattori responsabili della suscettibilita’ individuale dei pazienti e migliori terapie bersaglio”, commenta Ramnik Xavier, capo della Unita’ gastrointestinale del MGH, che si appresta a condurre studi simili in individui con malattie specifiche.

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