COP22 di Marrakech, Greenpeace: «Ora stop ai nuovi progetti di estrazione di fonti fossili»

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Commentando l’esito della COP22 di Marrakech, Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, dichiara: «Durante queste due settimane abbiamo constatato una rinnovata determinazione ad andare avanti con quanto definito dagli accordi di Parigi. Ma se i governi vogliono essere seri e coerenti, nessun nuovo progetto di estrazione di combustibili fossili dovrebbe essere d’ora in poi autorizzato. Per evitare catastrofi climatiche dobbiamo inoltre proteggere le foreste e gli oceani, muoverci verso un’agricoltura sostenibile e puntare a un Pianeta 100 per cento rinnovabile. Noi saremo la generazione che porrà fine all’era combustibili fossili».

Numerose le novità concrete emerse in questi giorni di trattative. Dal Paese ospitante, il Marocco, che ha annunciato un obiettivo del 52 per cento di rinnovabili elettriche al 2030, al Brasile, che ha tagliato un miliardo di dollari di sussidi alle fossili. Dalla Cina, che con le rinnovabili sta reimpiegando forza lavoro in una delle città “fantasma” del carbone come Yilin nella provincia di Shaanxi e cercando di combattere il pesante inquinamento dell’aria, alla dichiarazione del ministro dell’Ambiente tedesco Barbara Hendricks, che ha affermato che l’Europa compenserà gli eventuali mancati obiettivi statunitensi. E, non ultimo, l’impegno dei 47 Paesi più colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici che hanno annunciato di voler puntare a uno scenario 100 per cento rinnovabile.

«Nonostante sia venuto meno ancora una volta l’impegno a sostenere proprio i Paesi che soffrono maggiormente a causa dei cambiamenti climatici, l’obiettivo della Conferenza, ovvero concordare un piano di lavoro per aggiornare i nuovi obiettivi entro il 2018, è stato raggiunto», continua Onufrio. «Ora bisognerà vedere cosa accadrà nei prossimi due anni, sia a livello globale che in Italia, dove il nostro governo si mostra sempre prodigo di belle parole, a cui però raramente fa seguire azioni concrete», conclude.

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