Tumori: la biopsia liquida è realtà, con un prelievo di sangue analizzerà oltre 50 geni e 2.800 mutazioni

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La biopsia liquida è una realtà. Si chiama ‘Sced’ (Solid Cancer Early Detection) ed è il primo test che, attraverso un prelievo di sangue periferico, esegue la mappatura e il monitoraggio delle mutazioni genetiche coinvolte nei tumori solidi, per uno screening facilmente ripetibile perché non invasivo. La tecnologia Sced si presenta come una metodica unica poiché incrocia l’analisi del Dna libero circolante (ctDna) con quella del Dna germinale e delle cellule tumorali circolanti (Ctc), portando agli estremi il livello di affidabilità. La Sced permette la diagnosi precoce di oltre 100 tipi di cancro, analizzando più di 50 geni e 2.800 mutazioni note, a esclusione dei tumori al cervello che sono caratterizzati dalla mancanza di permeabilità di alcuni tessuti.

Le applicazioni della biopsia liquida sono molteplici perché spaziano dalla prevenzione alla terapia. Consentono infatti l’individuazione del tumore solido in fase veramente precoce, anche quando non è identificabile con la biopsia tissutale, abbinando al monitoraggio non invasivo della malattia anche la terapia. L’analisi del ctDna e delle Ctc permette non solo di identificare le mutazioni genetiche associate al tumore solido, ma anche di scegliere la terapia più adatta in considerazione delle decine di farmaci oncologici approvati che basano le indicazioni sul profilo genetico della patologia e non su quello istologico.

Il prelievo di sangue può essere effettuato ovunque, per essere inviato presso Bioscience Genomics, spin-off dell’Università di Roma Tor Vergata, presente con propri laboratori a Roma, Milano e San Marino. Da un minimo prelievo di sangue, di circa 10 cc, i biologi di Bioscience Genomics isolano il Dna libero circolante ed estraggono la frazione di Dna circolante per sequenziarlo alla ricerca della mutazione genetica tramite l’innovativa tecnologia Ngs (Next Generation Sequencing). “Nonostante al momento la Sced sia considerata un test per il follow-up dei malati, riteniamo che in pochi anni, grazie al supporto alla ricerca offerto dall’Università, potrà diventare il gold standard nella diagnostica in oncologia, non solo come esame, ma come un percorso di monitoraggio della Salute”, chiarisce Giuseppe Novelli, genetista dell’Università di Roma Tor Vergata.

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