Velocità della luce: ecco perché il 7 dicembre 1676 è cambiata per sempre la storia della fisica

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7 dicembre 1676. L’Accademia francese delle scienze pubblica un trattato destinato a cambiare per sempre la storia della fisica: la prima misurazione della velocità della luce.

Poche pagine che avrebbero rivoluzionato la percezione del tempo e dello spazio, stabilendo quel ‘limite ultimo’ impossibile da superare: 300.000 chilometri al secondo.

L’autore è Ole Rømer, astronomo danese che dopo aver lavorato a Copenaghen come assistente del matematico Erasmus Bartholin viene assunto dal governo francese per affiancare l’abate Jean Picard nelle misurazioni delle eclissi di Io, luna di Giove.

Le stesse lune che stava studiando da tempo a Parigi Giovanni Cassini, che pochi anni prima aveva osservato per primo la rotazione differenziale dell’atmosfera del gigante gassoso.

E infatti – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – molto presto il giovane e promettente astronomo danese raggiunge Cassini all’Osservatorio di Parigi, dove confronta i suoi dati con quelli del maestro.

In base alle misurazioni di Picard e Rømer, tra il 1672 e il 1675 Giove aveva eclissato la sua luna Io ben 140 volte, osservazioni coerenti con quelle effettuate da Cassini. I due astronomi realizzano che i tempi tra le eclissi diventano più brevi quando la Terra si avvicina a Giove e più lunghi quando la Terra si allontana.

Com’era possibile? Da cosa dipendeva questa incongruenza?

La differenza – scrive Cassini in una pubblicazione del 1675 – sembra essere dovuta al fatto che la luce impiega del tempo per raggiungerci, partendo dal satellite; sembra che la luce impieghi dai dieci agli undici minuti per attraversare una distanza uguale alla metà del diametro dell’orbita terrestre”.

La luce impiega del tempo per raggiungerci. Ecco la rivoluzione: se la luce arriva alla Terra più o meno rapidamente a seconda della distanza, significa che la sua velocità non è infinita.

Rømer è il primo ad azzardare questa conclusione, confutando la teoria prevalente nel XVII secolo secondo cui la luce viaggiava istantaneamente da un luogo all’altro.

Eccoci dunque al famoso 7 dicembre 1676: l’astronomo danese pubblica il suo trattato dal titolo Démonstration touchant le mouvement de la lumière trouvé par M. Roemer de l’Académie des sciences, in cui spiega come la luce impieghi un certo tempo per raggiungere la Terra da Giove. In particolare, nel caso delle eclissi di Io, il tempo necessario alla luce per percorrere il diametro terrestre è di circa 22 minuti.

All’epoca la stima del diametro del nostro pianeta era ancora imprecisa, per questo il primo calcolo di Rømer della velocità della luce corrisponde a 220.000 chilometri al secondo.

Affinando i calcoli negli anni successivi si arrivò alla stima di 300.000 chilometri al secondo, grazie soprattutto alle misurazioni del matematico olandese Christiaan Huygens.

Ma questo numero, insegnato in tutte le scuole e difficilmente dimenticato, affonda le sue origini nella prima, straordinaria intuizione di Rømer. Che 340 anni fa ha scoperto come anche la velocità della luce abbia un limite, per quanto elevatissimo.

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