Terremoto, il geologo: “5 mesi tra le rovine sulle tracce del sisma”

MeteoWeb

Il cratere sismico del centro Italia “l’abbiamo attraversato in lungo e in largo, 460 fra paesi e frazioni, visitati fino a sei volte dopo ognuno dei terremoti piu’ forti. Il nostro lavoro e’ registrare la gravita’ dei danni agli edifici e gli effetti delle scosse sul suolo”. Cosi’, intervistato da Repubblica, Paolo Galli, geologo, spiega il lavoro della squadra di rilievo macrosismico del Dipartimento di Protezione Civile e dell’istituto Igag del Cnr. “Gli abitanti di questi paesi sono stanchi”. Alcuni pero’ “pur vivendo in una delle zone piu’ pericolose d’Italia, non avevano idea dell’esistenza del rischio sismico. Chi ha ristrutturato la casa negli anni ’80 e ’90 in alcuni casi ha peggiorato la situazione, aggiungendo tetti pesanti di cemento armato su pareti in ciottoli o pietra. Strutture che le soprintendenze spesso chiedono di non alterare per ragioni storiche”, afferma. Quanto alla faglia di Campotosto, “secondo una nostra ricerca del 2003 passa a qualche centinaio di metri dalla diga”, dice.

“Ma noi abbiamo studiato la faglia solo sul terreno emerso. Non sappiamo nulla del percorso sotto al lago”. Svuotare il bacino e diminuire il peso sopra alla faglia “non credo che influisca molto”. Per tracciare il percorso delle faglie, spiega, “partiamo in genere da foto aeree, poi cerchiamo le loro tracce sul terreno e alla fine, se e’ il caso, scaviamo una trincea lunga 10-20 metri e profonda 3-5”. “Scavammo la trincea nella piana di Castelluccio nel ’98, riuscendo a farci un’idea del percorso sotterraneo della faglia. Dopo le scosse del 24 agosto e del 30 ottobre siamo tornati li'”. “Quando abbiamo incontrato la spaccatura nel terreno esattamente dove avevamo previsto vent’anni fa abbiamo avuto un bel soprassalto. Una faglia che si spacca fino alla superficie, aprendo il suolo per 25 chilometri come e’ avvenuto sul Monte Vettore, era una cosa che in Italia non vedevamo dall’Irpinia nel 1980”.

Condividi