Ha iniziato la sua avventura nello spazio il 21 novembre 2000 e il prossimo 30 marzo, dopo quasi 17 anni di onorato servizio, potrà finalmente godersi la ‘pensione’. Stiamo parlando di EO-1 (Earth Observing-1), satellite della NASA appartenente al Programma New Millennium, che doveva inizialmente essere attivo per un anno con lo scopo di testare nuovi strumenti e tecnologie da impiegare in successive missioni di Osservazione della Terra.
Invece, dopo aver svolto senza problemi tecnici l’anno di lavoro previsto, EO-1 ha proseguito la sua carriera e, nonostante il budget limitato, ha raggiunto ottimi risultati e anche alcuni primati.
Infatti, il satellite è stato il primo a mappare dallo spazio i flussi di lava, a misurare la fuoriuscita di metano da una facility industriale e ad osservare la ricrescita in un’area parzialmente disboscata della foresta amazzonica.
EO-1 – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – aveva a bordo 13 nuovi strumenti e tecnologie, di cui il fiore all’occhiello era ALI (Advanced Land Imager). Questo strumento ha fornito agli studiosi una gamma molto vasta di dati riguardanti la copertura boschiva, le superfici coltivate e le aree costiere. Nell’immagine in alto a sinistra (qui in alta risoluzione), il monte Kilimangiaro, in Tanzania, ripreso da ALI lo scorso 20 gennaio.
Un altro elemento chiave del satellite è stato Hyperion, strumento iperspettrale che ha permesso ai ricercatori di ‘vedere’, con un più fine dettaglio, gli elementi chimici della superficie terrestre in centinaia di lunghezze d’onda.
Questi dati hanno permesso agli addetti ai lavori di identificare specifici minerali, monitorare l’attività dei vulcani e tracciare un quadro particolareggiato delle tipologie di vegetazione e dello stato di salute delle foreste.
La NASA conta di utilizzare la tecnologia sviluppata con Hyperion per HyspIRI (Hyperspectral InfraRed Imager), una missione iperspettrale in fase di studio.
Grazie a questi strumenti, il team di EO-1 ha potuto disporre di immagini delle varie location da studiare/osservare ogni 2-5 giorni al massimo, un lasso di tempo piuttosto breve e quindi cruciale nel caso di disastri ambientali da monitorare.
La missione ha consentito anche di validare dei software, come quello relativo alle immagini follow-up di una zona già osservata e con una situazioni in fieri.
Dopo lo spegnimento del 30 marzo, il satellite non potrà più mantenere l’orbita che ha percorso per tanti anni e comincerà a muoversi verso la Terra. Il suo cammino, però, sarà molto lento: il team della missione, infatti, ha stimato che EO-1 entrerà nell’atmosfera terrestre non prima del 2056.