Se sull’emisfero boreale ci si prepara alla primavera, nell’altro emisfero, quello australe, sta per entrare nel vivo la stagione autunnale. Così, dopo mesi di perenni anomalie termiche positive il Plateau antartico torna a raffreddarsi con l’avvento del famoso inverno australe. Sappiamo che il Plateau dell’Antartide è un vasto tavolato di ghiaccio, che però a differenza dell’Artide poggia sopra la terra ferma (difatti si tratta di un continente vero e proprio, caratterizzato da catene montuose, vulcani attivi, attività tettonica e faglie), con spessori che nella parte orientale possono superare i 4.000 metri, ed è qui che si realizzano le temperature più basse del mondo. Non di rado nelle aree più interne, nel mezzo dell’inverno australe, la colonnina di mercurio scivola al di sotto del fatidico muro dei -80°C.
Proprio per questo tipo di clima cosi estremo l’Antartide è l’unico continente del pianeta a non essere abitato da una popolazione umana stanziale, nonostante durante l‘anno, in particolare nell‘estate australe (che corrisponde al nostro inverno boreale), si contano tra le 1.000 e le 5.000 persone che risiedono nelle varie stazioni di ricerca scientifica sparse lungo le coste e sul Plateau interno.
Nei giorni scorsi una vasta area interna del Polo Sud si è notevolmente raffreddata, favorendo un considerevole rinforzo del permanente anticiclone termico, con valori di oltre i 1050-1055 hpa, posizionato perennemente nella regione più interna del Plateau, dove vi staziona aria gelidissima e molto densa che spesso tende a spingersi, per via dell’eccessiva densità, verso le coste antartiche, dove l’aria e mitigata dai mari antartici e quindi risulta meno densa, generando i terribili venti “Catabatici antartici”, noti per la loro furia distruttrice, con raffiche che possono lambire addirittura i 300 km/h. Si tratta dei venti fra i più violenti della Terra.
Negli ultimi 30 anni sono state molte le basi scientifiche letteralmente devastate da queste potenti tempeste, basta pensare alla base di Mc Murdo che il 16 maggio del 2004 è stata danneggiata da uno spaventoso uragano, con raffiche fino a 188,4 miglie/orarie, circa 303 km/h. Una caratteristica unica del clima antartico. Intanto, a seguito di questo raffreddamento, che rientra nella normalità del clima antartico, la stazione automatica della base scientifica di Dome, posizionata ad una quota di 4084 metri, ha archiviato una minima di ben -66.8° proprio ieri. Si tratta di un valore importante ma che non può considerarsi eccezionale per la stagione.
Siamo un po’ lontani dai rispettivi record di freddo per il mese di marzo, ma è già un bel passo avanti dopo le notevolissime anomalie termiche positive che si sono accavallate tutte di un colpo dal periodo natalizio a Febbraio e inizio Marzo, quando l’indebolimento delle “Westerlies” (gli impetuosi venti occidentali che scorrono senza sosta attorno i mari antartici, generando grandi tempeste oceaniche con onde che possono raggiungere i 13-14 metri) ha fatto schizzare verso l’alto l’indice SAM (Southern Annular Mode-Antartic Oscillation).
Questo indice, molto importante per seguire le dinamiche climatiche, contribuisce a pilotare verso le coste antartiche correnti di aria molto mite, di origine sub-tropicale, che in un secondo momento riescono a penetrare all’interno del Plateau ghiacciato, generando sensibili rialzi termici nel cuore del Polo Sud. Di tutta risposta, mentre il Plateau antartico si inizia a riempire di aria mite di matrice oceanica, che si intrufola dentro il continente antartico rompendo lo strato di inversione termica, l’aria molto gelida e pesante preesistente sull’entroterra ghiacciato dell’Antartide interno viene scalzata verso l’esterno da quella più calda in entrata, sobbalzando rapidamente verso le aree costiere e i mari sub-antartici, con forti venti “Catabatici” che spingono l’aria fredda espulsa tra l’area sud-americana, la Nuova Zelanda e l’Australia meridionale.
Il raffreddamento delle zone interne del Polo Sud è anche causa del rinforzo delle “Westerlies” lungo tutti i mari australi, dove si cominciano a sviluppare le prime grandi tempeste extratropicali che scorrono a gran velocità attorno le coste antartiche, sfoderando impetuose bufere di vento, dai quadranti occidentali, con raffiche capaci di superare i 140-150 km/h. Ad Aprile, nella parte finale di esso, sul Plateau del Polo Sud inizia anche il cosiddetto “Kernlose winter”, ossia un forte raffreddamento che si realizza con la scomparsa del sole sotto l’orizzonte e rimane pressoché costante per tutto il periodo invernale, con scarsissime variazioni del campo termico nel cuore del continente antartico.
Per oltre 6-7 mesi di fila, in genere da aprile a settembre, le temperature nelle zone centrali del Plateau restano inchiodate sotto i -60°C. Il “Kernlose winter” difatti rappresenta la grande peculiarità del clima antartico, visto che è quasi sconosciuto nell’emisfero boreale, tranne che per alcune ristrette zone dell’altopiano ghiacciato della Groenlandia, dove il fenomeno risulta ben meno attenuato e regolare rispetto all’Antartide.