Salute: 600 passi al giorno per ridare fiato agli italiani

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Un bracciale contapassi e un’App per condividere i propri dati con gli altri, e spingersi a vicenda a fare sempre meglio. Bastano 600 passi in più al giorno, 6 minuti, 300 metri. Piccole distanze per chi ha tutto il fiato del mondo. Un’impresa per chi combatte con una malattia che il respiro lo ‘ruba’ poco a poco. Seicento passi per ritrovare l’aria nei polmoni, per ridurre del 30% la probabilità di ricoveri e fino al 40% la mortalità, spezzando la spirale negativa in cui cade la maggioranza dei pazienti con Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva). Con la patologia, che avanzando spinge all’immobilità, fanno i conti almeno 2,5 milioni di italiani, “ma sono molti di più e tanti non si curano”, assicurano gli esperti. Chi si ferma è perduto. Gli specialisti lo sanno bene e si sono chiesti come far tornare in attività persone che per la fatica di respirare hanno perso la voglia persino di uscire di casa. La risposta è una campagna – ‘Get moving Bpco’ – che sfrutta la tecnologia e lo spirito di squadra. Il motto è: più passi, più respiro. A promuoverla è la Società italiana di pneumologia (Sip), in collaborazione con l’Associazione italiana penumologi ospedalieri (Aipo) e con il sostegno di AstraZeneca. Una sfida per 4 mila. “Il progetto – spiega il presidente della Sip Francesco Blasi, oggi a Milano durante l’incontro di presentazione dell’iniziativa – sarà attivo da aprile a dicembre e prevede la distribuzione in 132 centri di pneumologia sparsi su tutto il territorio nazionale di 4 mila braccialetti contapassi. C’è poi un’App con cui i pazienti e i centri coinvolti potranno verificare il grado di attività e i progressi condividendo i dati anche con gli altri malati, avere consigli di stile di vita personalizzati e gestire al meglio la terapia, ricevendo notifiche per non dimenticare di assumere i farmaci, essenziali per ridurre la dispnea e facilitare l’attività fisica”. La strategia ha un perché scientifico. A confermarne l’efficacia, assicura Blasi, “uno studio appena pubblicato sulla rivista Thorax, secondo cui dopo 12 settimane di utilizzo di un contapassi e un’App che funziona da ‘coach’ e offre una comparazione con chi sta nelle stesse condizioni, i pazienti aumentano il livello di attività fisica, muovendosi in media 10 minuti in più ogni giorno, percorrendo oltre 1.400 PASSI in più”. Gli esperti italiani ora lo verificheranno sul campo, raccoglieranno i dati e le prove del suo valore, e il progetto potrebbe diventare un’esperienza pilota, “anche per strutturare uno studio”. “Abbiamo – prosegue Blasi – il supporto dell’associazione pazienti e 4 mila coinvolti saranno una goccia nel mare, ma sono un punto di partenza che ci darà la prova che una strategia come questa è una tessera fondamentale per una migliore gestione in generale della patologia”. Il medico attraverso l’App potrà stimolare i pazienti ‘arruolati’ a migliorare la propria attività fisica quotidiana, monitorata attraverso il rilievo immediato del contapassi, e le visite di controllo saranno occasione per valutare il miglioramento della qualità di vita e la gestione della patologia. “E’ un progetto di ’empowerment’ del paziente”, sottolinea Adriano Vaghi (Aipo). “Secondo una survey del 2016, il 77% dei pazienti con dispnea ha problemi che vanno dal fiato corto dopo una piccola salita alla difficoltà nel semplice gesto di vestirsi. Il 50% di questi non riesce a salire le scale, per il 33% è un’impresa portare la spesa, uno su 4 smette di uscire con gli amici, uno su 5 fa fatica persino a fare la doccia”, elenca Giorgio Walter Canonica, professore di Pneumologia all’Humanitas University. Anche i gesti quotidiani, spiega Canonica, “diventano difficili, spianando la strada alla più totale sedentarietà,che spaventa anche chi si prende cura del paziente: un’indagine Gfk Eurisko sui caregiver dei pazienti con Bpco mostra che l’85% è consapevole del problema dell’assenza di attività fisica, e il 46% sa che può ripercuotersi in un peggioramento delle condizioni del malato”. Iniziare a muoversi, aggiunge Mario Cazzola, professore onorario di Malattie respiratorie all’università di Roma Tor Vergata, “innesca effetti positivi e aiuta a contrastare il deterioramento respiratorio”. E i benefici “si possono vedere nel giro di 2-3 mesi – dice Blasi – Anche i pazienti più gravi possono, con il supporto dell’ossigenoterapia, incrementare la mobilità. Un malato che migliora il suo stato fisico ha meno riacutizzazioni”. Per muoversi bene “bisogna anche essere trattati bene da un punto di vista farmacologico ed essere aderenti alla terapia – concludono gli esperti – ma è stato osservato anche che essere attivi spinge il paziente a essere più attento al programma medico. Fa parte tutto di un circolo virtuoso che si può innescare e oggi abbiamo armi sempre nuove, come le combinazioni di due broncodilatatori in un unico inalatore. Per esempio, l’associazione di aclidinio e formoterolo con un ‘clic’ ogni 12 ore riesce a controllare i sintomi già al mattino ed è poi attiva per tutto l’arco della giornata e nella notte”.

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