Gli italiani assumono troppi antibiotici che sono ogni giorno meno efficaci. È questo il tema al centro del convegno internazionale di medici in corso a Milano. Il sesto Congresso Internazionale Amit, Argomenti di malattie infettive e tropicali, che si è aperto ieri, è organizzato e presieduto da Marco Tinelli, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive e Tropicali dell’Azienda Ospedaliera di Lodi, e segretario nazionale della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). Nella due giorni di approfondimento su batteri, patologie e nuovi rimedi, si confrontano oltre trecento gli specialisti provenienti da tutta Italia e dall’estero.Tanti gli argomenti che vengono affrontati nel convegno: dalla cosiddetta ‘medicina di precisione’ (approccio emergente di trattamento e prevenzione delle malattie che tiene conto della variabilità individuale di geni, ambiente e stili di vita di ciascuna persona), al ruolo del ‘microbiota’ (la flora intestinale, considerata ormai un vero e proprio organo a sé stante che determina, se alterata problemi alimentari e favorisce le infezioni) e dei nuovi metodi di diagnostica microbiologica, sempre più basati sulla caratterizzazione genotipica. Tra gli altri argomenti, anche le micobatteriosi nella popolazione migrante, la gestione delle polmonite correlate all’assistenza in ospedale e comunità, le linee guida sugli antibiotici e il futuro per epatiti e HIV. Ma il primo problema su cui si discute è quello relativo all’antibiotico-resistenza, la vera minaccia globale del XXI secolo, che potrebbe provocare nuove epidemie e milioni di morti.Oltre ai posti letto negli ospedali (circa 199 mila) In Italia si contano circa 320.000 posti letto nelle strutture sanitarie assistenziali (13.207 presidi che hanno da 60 a 1000 posti letto): esse sono molto più diffuse nel nord Italia con un tasso di 28,3 posti letto per 1000 per anziani over 65 anni mentre in Campania il tasso è solo di 0,9. In queste strutture le persone anziane vi abitano stabilmente (permanenza media in struttura 1,8 anni o più) e conducono una vita di relazione abbastanza normale mentre altri anziani più fragili (anche di oltre 90 anni) hanno deficit motori e mentali più o meno gravi che possono comportare anche la completa immobilità al letto per presenza di lesioni da pressione, disorientamento, incontinenza fecale. Le resistenze più frequenti (dal 49% al 64%) sono dovute a già citati batteri cosiddetti Gram negativi (soprattutto enterobatteri) “ESBL”, produttori di un enzima che rende inattivi antibiotici come i chinoloni e le cefalosporine. Altri batteri particolarmente prevalenti (dall’8% al 38%) in tali strutture sono gli Stafilococchi cosiddetti “MRSA” perché resistenti a molti antibiotici del gruppo delle “beta -lattamine”. Il Clostridium difficile è molto frequentemente riscontrato nelle residenze sanitarie assistenziali: esso provoca diarrea che può essere molto pericolosa nell’anziano perché determina una grave disidratazione. Le infezioni da Clostridium spesso recidivano più volte all’anno e, secondo studi internazionali, la prevalenza nelle RSA è del 14.8%, probabilmente sottostimata (secondo in alcune pubblicazioni si arriva anche al 50%). L’Italia, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, risulta essere tra i più elevati consumatori di antibiotici superata solo da Belgio, Francia, Cipro, Romania e Grecia. Si consuma, secondo l’AIFA e l’OSMED (Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali), l’80% circa degli antibiotici nella Medicina Generale e le fasce di età dove il consumo è maggiore sono dalla nascita a 5 anni e da 65 anni in poi.”Secondo uno studio dell’Ecdc e dell’Efsa (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) – spiega Marco Tinelli – alcuni antibiotici come l’ampicillina, i fluorochinoloni e la tetraciclina molto usati negli allevamenti (specie polli, tacchini) hanno acquisito un elevato tasso di resistenza verso alcuni batteri come la Salmonella, il Campylobacter e l’Escherichia coli. Molto allarmante era il riscontro occasionale di resistenza alla colistina (anch’essa molto usata negli allevamenti) nella Salmonella e nell’E. Coli. La resistenza alla colistina è un problema rilevantissimo per la Salute pubblica in quanto il trasferimento di resistenza da animale all’uomo peggiora nettamente la già precaria situazione sulla scarsità di antibiotici attivi per il trattamento di infezioni da batteri ad alta resistenza. Ultimamente il ministero della Salute ne ha limitato l’uso ma solo se in associazione ad altri antibiotici”.L’insieme di questi fattori, che spesso sono tra loro associati, hanno determinato e continuano sempre più a determinare una situazione difficile: al momento attuale, secondo gli esperti, per i batteri resistenti agli antibiotici si può davvero parlare più che di epidemia (fenomeno limitato nel tempo) di endemia (fenomeno costante nel tempo). La questione è ritenuta il vero problema della sanità sia livello ospedaliero, residenziale e del territorio.