La fibrosi polmonare idiopatica (meglio conosciuta come IPF, dall’acronimo anglosassone idiopathic pulmonary fibrosis) è una malattia polmonare annoverata tra le patologie rare. La frequenza della malattia è probabilmente sottostimata, in quanto il percorso diagnostico è abbastanza complesso e richiede competenze multidisciplinari.
LA MALATTIA – è caratterizzata dalla proliferazione incontrollata di cellule nel polmone chiamate ‘fibroblasti’ e dall’accumulo di ‘matrice extracellulare’ (fondamentalmente tessuto fibroso al di fuori dalle cellule), che determinano un’alterazione irreversibile dell’architettura del polmone con conseguente riduzione degli scambi gassosi e insufficienza respiratoria. L’IPF colpisce prevalentemente uomini dopo i 60 anni di età. Dati recenti di uno studio italiano indicano che i casi prevalenti sono 30-40 ogni 100.000 persone. Ciò significa che in Italia si può stimare la presenza di almeno 15.000 malati di IPF, con oltre 5.000 nuovi casi ogni anno. La causa della malattia resta sconosciuta (per questo si chiama ‘idiopatica’). Esistono però forme familiari, cioè che colpiscono membri della medesima famiglia, per cui, almeno in una parte dei casi, sono coinvolti fattori genetici.
LE CURE – In Italia sono oggi disponibili due farmaci approvati per il trattamento dell’IPF, pirfenidone (Esbriet, dal 2013) e nintedanib (Ofev, dal 2016). Il pirfenidone è un farmaco che si assume per bocca 3 volte al giorno, pleiotropico con molteplici effetti sulla produzione e la deposizione di collagene, che ha dimostrato in studi clinici di fase 2 e fase 3 di ridurre la progressione di malattia, misurata come capacità polmonare, di circa il 50% nel corso di un anno di trattamento. I principali effetti collaterali del farmaco sono la nausea e la fotosensibilizzazione a livello cutaneo. Il nintedanib è un inibitore delle tirosin-chinasi, somministrato per via orale 2 volte al giorno, che agisce a livello di specifiche molecole coinvolte nella genesi e il mantenimento delle fibrosi. In studi clinici di fase 2 e 3 ha dimostrato di rallentare la perdita di funzione polmonare, riducendo la perdita di circa il 50% nel corso di un anno di trattamento. Il principale effetto collaterale è rappresentato dalla diarrea.
LE ASPETTATIVE DI VITA – La storia naturale dell’IPF è caratterizzata da una inesorabile progressione nel corso degli anni, con una sopravvivenza media dopo la diagnosi compresa tra 3 e 5 anni dopo la diagnosi. In generale, purtroppo solo circa il 30% dei pazienti sopravvive 5 anni dopo la diagnosi, una prognosi peggiore della maggior parte delle patologie oncologiche. Anche se vi sono dei farmaci, la malattia non è ancora guaribile; ciò nondimeno con gli attuali trattamenti si stima che mediamente si ottenga nei pazienti una riduzione intorno al 50% della progressione di malattia.
Salute: che cos’è la fibrosi polmonare idiopatica
