Tumore del polmone: identikit genetico per terapie più efficaci e tollerate

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Siamo entrati ormai in una nuova era della guerra al cancro. Oggi sappiamo che i tumori, anche quello del polmone, non sono tutti uguali, ognuno ha il suo “identikit genetico” con specifiche mutazioni nelle sequenze del DNA. E su queste conoscenze la ricerca scientifica ha compiuto negli ultimi anni progressi straordinari, aprendo la strada a nuove prospettive terapeutiche capaci di colpire direttamente le anomalie molecolari, responsabili della crescita del tumore. Nonostante la crescente disponibilità di farmaci a bersaglio molecolare anche per tumori particolarmente aggressivi e ad alta incidenza, molto deve essere fatto ancora nel nostro Paese per garantire ai pazienti quello che ormai è considerato un loro diritto: un accesso uniforme e tempestivo ai test molecolari necessario per assicurare a tutti la terapia più appropriata ed efficace sin dalle prime linee di trattamento.

Questi i temi al centro dell’incontro “cROSs tALK – Percorsi e prospettive nella gestione del NSCLC ALK+ e ROS1” che riunisce oggi e domani a Roma i principali esperti nazionali di oncologia polmonare per discutere delle più recenti innovazioni in questo campo. La novità principale riguarda crizotinib, primo inibitore orale mirato al recettore della tirosin chinasi, che ha come bersaglio la proteina derivata dal riarrangiamento del gene ALK (Anaplastic Lymphome Kinase): già disponibile in Italia per il trattamento di seconda linea, l’AIFA ha recentemente autorizzato la rimborsabilità di crizotinib anche per il trattamento di prima linea in pazienti adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule ALK positivo in stadio avanzato. Questa approvazione si basa sui risultati di uno studio clinico di confronto che ha mostrato la superiorità di crizotinib rispetto alla chemioterapia sia in termini di efficacia che di miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

«La disponibilità anche in Italia di crizotinib in prima linea permette di avviare sin dall’inizio un trattamento precisamente mirato al bersaglio molecolare che caratterizza la malattia, in questo caso ALK, ottenendo il massimo risultato oggi possibile – dichiara il Prof. Lucio Crinò, Oncologo presso l’Istituto Scientifico Oncologico Romagnolo IRCCS di Meldola e Professore Straordinario di Oncologia all’Università degli Studi di Perugia – i risultati dello studio PROFILE 1014 dimostrano, infatti, che crizotinib, rispetto alla miglior chemioterapia a base di platino, riduce il rischio di progressione di malattia in oltre il 55% dei pazienti trattati, con una risposta del 74% contro il 45% della chemioterapia».

Le evidenze dello studio di fase III PROFILE 1014 – studio internazionale, multicentrico, randomizzato, in aperto – dimostrano per la prima volta che crizotinib è superiore ai regimi di chemioterapia standard nel prolungare la sopravvivenza senza progressione di malattia nel trattamento di prima linea per i pazienti con NSCLC avanzato ALK-positivo. «Inoltre crizotinib ha dimostrato un profilo di tollerabilità migliore rispetto alla chemioterapia, quindi con minori effetti collaterali e una maggiore durata di risposta, assicurando ai pazienti una qualità di vita nettamente migliore – prosegue Lucio Crinò – a questo si aggiunge il vantaggio della somministrazione per via orale, a differenza della chemioterapia che si assume generalmente per via endovenosa».

Perché si possa trarre il massimo beneficio dalla medicina personalizzata, basata sulla caratterizzazione molecolare del tumore, è indispensabile assicurare ai pazienti una diagnosi che sia il più possibile accurata e tempestiva. Un ruolo fondamentale lo giocano in questo senso i test molecolari, gli unici in grado di identificare l’alterazione genetica specifica coinvolta nella crescita del tumore. «È fondamentale sapere quali pazienti potrebbero avere determinate alterazioni geniche e, per coloro che presentano una maggiore probabilità, utilizzare i protocolli diagnostici più precisi ed accurati – afferma il Prof. Antonio Marchetti, Direttore del Centro di Medicina Molecolare Predittiva dell’Università degli Studi di Chieti-Pescara e dell’UOC di Anatomia Patologica all’Ospedale S.S. Annunziata di Chieti – il riarrangiamento del gene ALK, ad esempio, è presente nel 3-5% dei pazienti con cancro del polmone, ma le percentuali dell’alterazione genetica aumentano in certe sottopopolazioni come nel caso dei pazienti più giovani (sotto i 50 anni) e non fumatori, per i quali si arriva ad una frequenza del 20-25%. Non sono state riportate invece differenze di incidenza tra i due sessi».

Sebbene sia ampiamente condivisa tra la comunità scientifica l’importanza dei test molecolari per la migliore gestione dei tumori del polmone, l’accesso a questi esami è ancora oggi insufficiente e non garantito in maniera uniforme a tutti i pazienti sul territorio nazionale. Le cause possono essere rintracciate in molteplici fattori, dai problemi organizzativi, che influiscono sui tempi entro i quali i campioni biologici arrivano all’anatomo-patologo per la diagnosi, con conseguente ritardo della diagnosi stessa e impossibilità di instaurare tempestivamente la terapia più appropriata, alle difficoltà tecniche di esecuzione dei test, fino alla mancanza di percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA) strutturati.

«Per garantire l’accesso dei pazienti ai test bio-molecolari richiesti per l’utilizzo in clinica di farmaci a bersaglio molecolare già registrati dall’AIFA, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e la Società Italiana di Anatomia Patologica (SIAPEC-IAP), da circa 10 anni, sono impegnate nella formazione, nella produzione di raccomandazioni cliniche e metodologiche e in programmi di controlli periodici di qualità dei laboratori a livello nazionale per ottenere test validati e effettuati con tempistiche e metodologia adeguate – dichiara il Prof. Carmine Pinto, Presidente Nazionale AIOM – in alcune aree del nostro Paese permangono purtroppo criticità di tipo organizzativo e di tipo tecnico, dovute principalmente all’assenza di Reti oncologiche regionali funzionanti e di PDTA strutturati, che assicurino in tempi certi e con adeguata qualità le risultanze richieste, da cui chiaramente deriva una difficoltà di accesso a farmaci target, come nel caso degli ALK-inibitori».

Molti passi avanti sono stati compiuti dalla ricerca nello sviluppo di terapie target sempre più efficaci, ma ancora molto deve essere fatto in Italia per garantire a tutti i pazienti un accesso precoce ai test molecolari, indispensabili per identificare il trattamento più appropriato ed efficace.

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