Alpi Centrali: “il ghiaccio è in degrado anche in alta quota, cambiamenti climatici molto rapidi”

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Il paesaggio alpino sta mutando molto rapidamente. Anche in alta quota sta scomparendo tutto, il permafrost, terreno ghiacciato, è in forte degrado. Abbiamo svolto un rilevamento geomorfologico con l’ausilio di tecniche geofisiche, pedologia e di datazione non convenzionale al fine di verificare la storia del Cambiamento Climatico in questa zona di alta quota esattamente sulle Alpi Centrali a cavallo tra l’Alta Valtellina ed il cantone dei Grigioni in Svizzera. I risultati della ricerca sono molto chiari. Si è potuto avere la riprova come il glacialismo che occupava l’intera area all’inizio dell’Olocene (>10000 anni fa) si fosse ridotto quasi ad estinguersi molto rapidamente per poi avere piccole riavanzate durante la Piccola Età Glaciale e rimanendo con piccolissimi ghiacciai sino a secondo dopoguerra e che oramai sono totalmente scomparsi ma anche in alta quota il permafrost presente nella zona risulta in forte degrado“. Lo ha affermato il professore Mauro Guglielmin dell’Università dell’Insubria, Responsabile per le ricerche internazionali sul permafrost in Antartide, illustrando oggi a Napoli i risultati della ricerca sui mutamenti riguardanti le Alpi Centrali, in apertura delle Giornate Nazionali dei Geomorfologi, condotta da italiani e svizzeri.

Mauro Guglielmin dell’Università dell’Insubria e Cristian Scapozza della SUPSI, Scuola Universitaria Professionale riconosciuta dalla Confederazione Svizzera, hanno guidato un gruppo di 12 geomorfologi in attività di formazione e ricerca, voluta dall’Associazione Italiana di Geografia Fisica e Geomorfologia, proprio su tale zona delle Alpi Centrali. “Tali cambiamenti che stanno avvenendo in modo davvero rapido, stanno già causando conseguenze importanti sulla nostra vita come il verificarsi di grandi frane – ha proseguito Guglielmin – e potranno esserci conseguenze anche sulla risorsa acqua. Studi interdisciplinari come questi sono la base della conoscenza degli effetti del Cambiamento Climatico sulle nostre montagne che hanno portato (anche nell’area analizzata) a grandi frane disastrose e a mutare molto rapidamente il paesaggio alpino”.

Cambiamenti già evidenti addirittura nelle zone colpite dal terremoto. Nelle aree terremotate dell’Italia Centrale stiamo già avendo aumenti preoccupanti di portata dei fiumi – ha dichiarato il geologo Gilberto Pambianchi dell’Università di Camerino e Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Geografia Fisica e Geomorfologia – e nelle stesse zone già colpite dal terremoto si sono riattivate grandi frane ed altre si attiveranno. Le risorse idriche sono messe in crisi con scomparse di sorgenti ed aumenti preoccupanti della portata dei fiumi. Per l’Italia il cambiamento climatico rischia di causare anche un aumento di frane soprattutto in zone con terreni facilmente disgregabili, come quelli collinari e vulcanici e in aree alpine dove si assiste ad un degrado del permafrost (terreno ghiacciato), mettendo soprattutto a rischio gli ecosistemi delle aree mediterranee e limitrofe. Per non parlare, degli enormi squilibri creati nelle aree terremotate dell’Italia centrale, con le numerose e grandi frane che si sono riattivate e altre che si attiveranno, e le risorse idriche messe in crisi con scomparse di sorgenti e aumenti preoccupanti di portata dei fiumi”.

Forte erosione della costa presso la foce del Garigliano – DOMANI ORE 11 CONFERENZA STAMPA DEI GEOLOGI ESPERTI IN GEOMORFOLOGIA PROPRIO SULLA FOCE DEL GARIGLIANO NEL CASERTANO.

“Renderemo noti, durante il briefing aperto alla stampa ed in programma alle ore 11, di domani, Venerdì 16 Giugno, presso la foce del Fiume Garigliano, nel casertano, i risultati del Progetto Europeo Life – ha dichiarato Micla Pennetta, Coordinatrice dei Geomorfologi della Campania e docente di Dinamica e di Difesa delle coste presso l’Università Federico II – svolto dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Federico II di Napoli e di cui sono Responsabile scientifico. Sono state osservate alcune modifiche della fascia costiera, nella porzione emersa ed in quella sommersa, indotte da attività umane e responsabili dell’amplificazione di processi erosivi. L’incremento della domanda di territorio ha causato un generale e spinto arretramento della linea di riva, soprattutto nelle zone prossime alle foci fluviali quale quella del Fiume Garigliano. L’arretramento della riva è connesso, oltre agli effetti dei processi naturali, alla costruzione di sbarramenti e briglie fluviali lungo il fiume Garigliano, alla coltivazione di cave di sabbie in alveo nonché direttamente sulle spiagge; tali asporti hanno prodotto un impoverimento del trasporto solido e quindi un minore rifornimento della spiaggia”.

Grande commozione al momento della consegna del Premio dedicato alla professoressa Paola Romano, figura di rilievo nel campo della geomorfologia italiana, scomparsa di recente.

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