La frana di Val Pola del 28 luglio 1987 in Valtellina segnò un momento importante per la gestione dell’emergenza relativa al rischio geologico in Italia. Lo ricorda il presidente dei Geomorfologi italiani, Gilberto Pambianchi. Tale evento portò una Regione come la Lombardia a dotarsi di un Servizio Geologico di oltre 30 geologi circa 10 anni dopo l’evento.
“La frana della Val Pola è anche un esempio del ruolo che i geomorfologi possono avere in Italia – ha dichiarato – Già nel 1995 segnalavano il possibile legame di questo catastrofico evento con il cambiamento climatico. Perché nell’accumulo di frana furono trovati enormi blocchi di detrito cementato da ghiaccio (permafrost) e si pensò quindi che la presenza del permafrost in un’area interessata da una enorme frana come quella del Monte Zandila avesse avuto un ruolo determinante”.
In seguito alla frana della Val Pola i ricercatori arrivarono a scoperte importanti. “Sulla spinta di questo evento nel 1998 l’Unione Europea finanzio’ il Progetto PACE (Permafrost and Climate in Europe) – ha dichiarato Mauro Guglielmin, Docente di Geomorfologia presso l’Universita’ dell’Insubria – che porto’ ad alcuni progressi sul ruolo del permafrost e la stabilita’ dei versanti e sulle sue relazioni con il Cambiamento del Clima”.