Terremoto, il racconto di un francescano: “Dolore, ma subito voglia di ricostruire”

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“Il dolore per la morte di quattro persone, due frati e due tecnici della soprintendenza, e la tristezza per i gravi danni causati agli affreschi e alla struttura della Basilica si trasformarono nel giro di qualche giorno nella volonta’ di restituire al piu’ presto alla devozione del mondo il luogo simbolo del francescanesimo, centro di spiritualita’ e di pace”: il direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato, ricorda cosi’, a 20 anni di distanza, il terremoto del 26 settembre 1997, che colpi’ duramente la Basilica dedicata a San Francesco.

Il religioso si trovava nella Basilica superiore, insieme a una ventina di persone, quando una scossa fece crollare le volte affrescate da Giotto e Cimabue. “Cominciammo quasi subito – sottolinea padre Fortunato – a pensare alla ricostruzione e agli interventi di consolidamento, in un momento in cui l’intero complesso monumentale, Sacro Convento e Basilica di San Francesco, era fortemente a rischio di ulteriori crolli”.

“Decisiva per il buon esito di questo lavoro – spiega ancora – fu la nomina da parte del governo di Romano Prodi di un commissario ad hoc, il professore Antonio Paolucci: cio’ permise di snellire le procedure, di abbattere i tempi. Quel cantiere, che Paolucci chiamo’ dell’utopia, raggiunse il suo obiettivo, e l’utopia si trasformo’ in realta’. Il 29 novembre del 1999, due anni dopo il terremoto, la Basilica di San Francesco riapri’ le sue porte al mondo. Assisi ieri come oggi e’ faro spirituale, culturale e turistico di un’anima aperta e inclusiva”.

Tra coloro che si trovavano nella Basilica al momento del crollo anche il giornalista Romano Carloni, all’epoca collaboratore dell’ANSA. “Mi ritrovai – ricorda – in mezzo alle due volte crollate”. “Partecipai al sopralluogo dei tecnici della Soprintendenza e di altri esperti – aggiunge – insieme ad altri colleghi quando fummo sorpresi dalla scossa che fece crollare tutto. Guadagnai l’uscita dalla porta principale, oltrepassando le macerie venute giu’, ma ignaro, in quei momenti – conclude Carloni -, che la’ sotto erano rimaste uccise quattro persone”.

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