Terremoto in Messico: ecco come la scossa dell’8 settembre avrebbe ‘innescato’ quella avvenuta ieri

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Il terremoto di magnitudo 8.1 che ha colpito il Messico lo scorso 8 settembre potrebbe aver accelerato i tempi per la seconda scossa di magnitudo 7.1 avvenuta ieri. A questa conclusione è giunto il sismologo Antonio Piersanti, dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). “Questi terremoti – spiega l’esperto – sono avvenuti a centinaia di chilometri di distanza, ma sono temporalmente molto vicini e sono entrambi molto energetici: e’ dunque possibile che l’energia rilasciata dal primo terremoto abbia in qualche modo influenzato lo stato di stress nella zona di rottura del secondo terremoto, anticipandone l’avvenimento“.

Questo ‘effetto trigger’, sul quale comunque bisognerà effettuare ulteriori ricerche, potrebbe spiegare perché entrambi i terremoti sono avvenuti all’interno della placca oceanica di Cocos, ai margini della zona di subduzione in cui la crosta terrestre piu’ antica scivola al di sotto di quella piu’ recente. “In queste zone di subduzione si ha solitamente una sismicita’ di tipo compressivo, con i due lati della faglia che premono uno contro l’altro. I due terremoti messicani – sottolinea Piersanti – sono invece di tipo distensivo, con le due facce della faglia che si allontanano, e si sono manifestati con una magnitudo molto elevata: la scossa dell’8 settembre, ad esempio, e’ stata classificata tra i piu’ grandi terremoti distensivi del mondo. Studiarne le caratteristiche potra’ esserci molto utile, perche’ il meccanismo distensivo e’ ancora poco conosciuto ed e’ anche alla base della maggior parte dei grandi terremoti italiani”.

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