Sanità, prima donna direttore del reparto di Urologia: “All’inizio ero una mosca bianca”

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Una scelta controcorrente – fatta quando “le donne in urologia non si vedevano proprio: all’inizio ero una mosca bianca” – che l’ha portata a una doppia specializzazione e a un vero e proprio record: Elisabetta Costantini, 58 anni, viterbese, professore associato all’Università di Perugia, è la prima donna italiana a diventare direttore di un reparto di urologia.

Da qualche giorno, infatti, guida la Struttura complessa di Clinica Urologica a indirizzo Andrologico e Uroginecologico a Terni. Autrice di oltre 700 pubblicazioni sulle più importanti riviste italiane ed internazionali, Costantini ha tenuto relazioni e moderazioni nei maggiori consessi scientifici, oltre a partecipare come tutor chirurgico e operare in diretta anche in ambiti internazionali. Pluripremiata, dal 2014 e fino allo scorso ottobre ha fatto parte del comitato esecutivo della Società Italiana di Urologia (Siu).

“In questi anni certamente non sono mancate le difficoltà, con i colleghi prima che con i pazienti“, confida Costantini all’Adnkronos Salute. Ma cosa l’ha portata a scegliere proprio l’urologia? “Una serie di fattori: c’entra anche il caso, perché mi sono trovata in una realtà, quella perugina, dove c’era un ambiente molto variegato, e ho trovato un professore che è stato per me un mentore e che ha nominato la prima associata, io stessa, e la seconda associata in Urologia in Italia, al momento infatti siamo in due”. Una scelta particolare, fatta anche un po’ per sfida. “Ho fatto urologia perché mi piaceva, certo, ma anche perché molti mi ‘smontavano’, mi dicevano che non mi avrebbero mai fatto visitare e operare“.

La prospettiva era quella di essere relegata in laboratorio, ma Costantini non si è arresa. Nemmeno ai colleghi maschi, “che sembravano lasciare spazio solo in settori considerati minori. La svolta è arrivata con l’uro-ginecologia: mi è stato affidato questo settore, ho preso la seconda specialità in ginecologia e ho avuto mano libera. Da un piccolo laboratorio, molta clinica e molta ricerca – racconta – ho accumulato pubblicazioni e i miei lavori sono stati letti anche a livello internazionale. Così hanno cominciato a chiamarmi e sono riuscita a crescere”.

Tanto da essere la prima donna nominata, il 13 novembre scorso, direttore di struttura complessa di Andrologia e Uroginecologia dell’ospedale di Terni (“ma lavorerò anche all’ospedale di Perugia, perché le strutture sono collegate”).

Il segreto del successo in un settore tanto maschile? “A volte penso di essere arrivata perché i colleghi si sono distratti – scherza Costantini – ma di certo l’ambiente era molto chiuso. All’inizio era un po’ dura anche con i pazienti: ero giovane, mi scambiavano per un’infermiera, per la moglie del dottore, e mi chiamavano signora anziché dottoressa. C’è stata qualche perplessità, ma devo dire che affrontando la cosa con serenità e lasciando il paziente libero di scegliere se affidarsi a me o a un collega, nel 90% dei casi optava per me. Poi sta alla professionalità e all’attenzione nei confronti del paziente. Esiste una piccolissima percentuale di uomini che preferisce essere visitato da maschi, ma questo accade anche alle donne con il ginecologo. Oggi comunque questo aspetto non rappresenta più un problema, perché ormai ci si è abituati a vedere delle dottoresse. In posizioni apicali, però, è ancora molto difficile, specie in urologia”.

Ancora oggi in medicina esiste “una problematica di genere a livello di potere e carriera: i colleghi maschi soffrono un po’ la presenza femminile. Ma non bisogna dimenticare che pochi anni fa l’urologia era tutta maschile”, conclude Costantini, che è anche madre di due figli. “Ormai sono grandi, ma è stata dura. Per fortuna ho un marito molto collaborativo. Ah, e sono tutti e due maschi: si vede che ero destinata a vivere circondata dai maschi”, conclude con un sorriso.

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