“In Italia manca ancora un corretto flusso di informazione rivolto alla donne in merito alle loro chance riproduttive. A partire dalle ragazze più giovani, tutte dovrebbero sapere che i figli si devono fare, idealmente, prima dei 30 anni, e che non si possono più fare, fisiologicamente, dopo i 42-43 anni. I falsi modelli mostrati sui media” di donne che diventano madri a 50 o anche 60 anni, “devono essere riequilibrati, per far sì che chi vuole un bambino non aspetti troppo“. A sottolinearlo Filippo Maria Ubaldi, ginecologo, direttore clinico del Centro Genera della clinica Valle Giulia di Roma e componente della Società italiana di fertilità e sterilità e medicina della riproduzione (Sifes-Mr), commentando sotto il profilo medico i dati Istat sul calo delle nascite in Italia.
“Quello che il ministero intendeva fare con la commissione specialistica sulla fertilità arruolata qualche anno fa e che ha prodotto un documento di oltre 100 pagine – dice Ubaldi all’Adnkronos Salute – era proprio questo: informare a vari livelli le donne sui meccanismi che portano alla difficoltà riproduttiva. Una ragazza di 25 anni deve sapere che o fa un figlio subito, o nell’arco di pochi anni, oppure dovrebbe scegliere di congelare i suoi ovuli per ottenere una gravidanza più in là con l’età, utilizzando in questo modo i suoi gameti. Purtroppo si deve ancora lavorare molto sotto questo profilo: personalmente nei nostri centri, nel 2017, l’85% delle coppie giunte per un trattamento di fecondazione assistita aveva più di 35 anni, e il 45% aveva 40-44 anni. E’ qualcosa di drammatico: noi possiamo mettere a disposizione tutta la tecnologia possibile, ma non siamo in grado di eliminare gli errori cromosomici degli ovociti“, presenti in percentuale crescente all’avanzare dell’età della paziente. “Al massimo possiamo individuare quali sono gli embrioni anomali, ma non possiamo correggerli“, conclude.