Due gemelle siamesi di 17 mesi, unite per il torace e per l’addome, sono state separate con successo all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. L’intervento è stato eseguito su Rayenne e Djihene, bimbe provenienti dall’Algeria: è durato 10 ore ed è stato eseguito da un team multidisciplinare di circa 40 persone guidato da Alessandro Inserra, direttore del Dipartimento chirurgico.
La nascita di una coppia di gemelli siamesi è legata alla divisione tardiva dell’embrione (a 12-14 giorni di età gestazionale), ma le cause di questo ritardo non sono ancora state scientificamente accertate. E’ un evento abbastanza raro: in letteratura si conta 1 caso ogni 50-100 mila nati vivi e, tra le varie tipologie di gemelli congiunti, i toraco-onfalopaghi sono i più frequenti (oltre 4 su 10). In generale, a causa della gravità delle malformazioni il 75% dei siamesi non sopravvive.
Per preparare l’operazione sono stati realizzati modelli e stampe 3D delle gemelle: una speciale procedura ha consentito di dimezzare la durata dell’intervento (in media di 18-20 ore), riducendo il tempo di esposizione delle bambine all’anestesia.
Nella storia dell’ospedale è il secondo caso di separazione di gemelli siamesi: l’unico altro intervento di questo tipo risale all’inizio degli anni ’80 e fu eseguito su due gemellini maschi, siamesi toraco-onfalopaghi (con torace e addome uniti). Un’altra coppia di gemelle siamesi, ricoverate nel Reparto di Neonatologia del Bambino Gesù, verrà separata nelle prossime settimane (provengono dal Burundi e sono unite per la zona sacrale).
Rayenne e Djihene avevano in comune la gabbia toracica e la cavità addominale, il pericardio (la membrana che riveste il muscolo cardiaco) con due cuori dentro e il fegato, ma presentavano una rete vascolare speculare e distinta che ne permetteva la separazione. Nel corso dell’intervento sono state divise le costole e il fegato; sono stati ricostruiti lo sterno (prima inesistente) e il diaframma; diviso e ricreato il pericardio con sostanze biologicamente compatibili; ricostruiti addome e parete toracica. La quantità di pelle necessaria per concludere l’operazione è stata ottenuta inserendo ai lati del tronco delle gemelline, nei mesi precedenti l’intervento di separazione, due espansori cutanei in silicone.
Stampa degli organi in 3D, Tac e risonanze tridimensionali: sono gli strumenti di ultimissima generazione utilizzati dai chirurghi per studiare il caso clinico e pianificare l’intervento. Durante la fase di indagine la struttura, gli organi, la rete vascolare e le dimensioni delle gemelline sono stati ‘replicati’ in ogni dettaglio. La preparazione all’intervento di separazione è durata quasi un anno: 11 mesi (da novembre 2016 a ottobre 2017) per consentire all’organismo delle gemelle di sostenere un’operazione chirurgica così complessa e aggressiva.
Gli studi clinici sono stati condotti da medici e specialisti di 7 diverse aree: chirurgia generale, Neonatologia, chirurgia plastica, Cardiochirurgia, Anestesiologia e rianimazione, chirurgia epato-bilio-pancreatica, Diagnostica per immagini. L’operazione è stata eseguita sabato 7 ottobre ed è durata circa 10 ore: 2 dedicate alla preparazione anestesiologica, le restanti alla separazione delle gemelle e alla ricostruzione di addome e torace. Al tavolo operatorio si sono avvicendate 5 équipe chirurgiche a cui era stata assegnata una precisa fase dell’intervento. Dopo la separazione, la procedura di ricostruzione è stata condotta in parallelo in 2 sale operatorie. Grazie a questo tipo di organizzazione, è stato possibile ridurre la durata dell’operazione e quindi il tempo di esposizione delle bambine all’anestesia. Dopo un periodo di osservazione in Terapia intensiva, il 24 ottobre le piccole algerine sono potute tornare nel Reparto di chirurgia.
“La chiave del successo di un intervento così complesso – sottolinea il direttore del Dipartimento chirurgico – è stato proprio lo scambio di esperienze e il confronto continuo tra alcune delle migliori professionalità del Bambino Gesù, che si sono prodigate senza riserve in ogni segmento del percorso che ci ha portati fino a qui. La fase di studio è stata curata in ogni dettaglio, così che al momento dell’intervento ognuno sapesse esattamente dove e come operare. Tutto ciò ha consentito di portare a termine tutto l’intervento nello stesso giorno, con diverse unità chirurgiche che hanno lavorato a ritmo serrato non più di 3 ore ciascuna. Affrontare questo lungo cammino con i colleghi, il personale coinvolto e i genitori delle piccole che non ci hanno fatto mai mancare il loro sostegno, è stata un’esperienza esaltante a livello umano e professionale“.
Le gemelle sono nate il 10 maggio 2016 in Algeria. I medici non avevano dato loro alcuna speranza: la vita delle bambine era appesa a un filo. Mamma e papà, però, non si sono arresi. Erano convinti che qualcuno, nel mondo, sarebbe stato in grado di salvarle. Così hanno lanciato un appello su Facebook. Alla richiesta di aiuto hanno risposto in tanti, compresa un’associazione francese, Halal Verif, che si è fatta carico delle spese di viaggio e di alloggio della famiglia.
Nel giro di 6 mesi bambine e genitori hanno potuto lasciare la loro città di origine, Oum El Bouaghi, nel nord-est dell’Algeria, e trasferirsi in Italia, a Roma, per permettere alle gemelle di essere curate al Bambino Gesù. A 4 settimane dall’intervento, Rayenne e Djihene dormono e giocano ciascuna nel proprio lettino del Reparto di chirurgia. “L’intervento di separazione si è concluso senza complicazioni“, ha spiegato Inserra. “Le bambine non hanno problemi funzionali e stanno bene. In futuro si dovrà intervenire nuovamente per correzioni di natura estetica, ma il loro percorso di crescita sarà normale“.
Il percorso clinico e chirurgico delle piccole pazienti algerine e burundesi rientra nell’ambito delle missioni umanitarie promosse dall’ospedale pediatrico della Santa Sede.