Medicina, malnutrizione sottovalutata nei malati di cuore: rischi sarcopenia

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Esiste una correlazione lineare e inevitabile, se non riconosciuta e trattata, tra perdita di massa muscolare, malnutrizione e cachessia, o sindrome da deperimento. Una serie di eventi i cui effetti si sommano in termini di gravità come una valanga. La malnutrizione è una condizione praticamente ‘epidemica’ nella popolazione anziana con malattie croniche e negli ultimi anni gli esperti ne hanno calcolato gli effetti in termini rischio aumentato di ricoveri ospedalieri e mortalità evitabile.

“I pazienti a cui dobbiamo prestare attenzione sin dalle prime fasi di malattia sono affetti da problemi renali, broncopneumopatia cronica ostruttiva, sono reduci da fratture e da eventi cardiaci acuti o cronici”, dichiara Maurizio Muscaritoli, presidente Sinuc (Società italiana di nutrizione clinica).

“Dobbiamo iniziare a considerare la fragilità e alla perdita di massa muscolare come una patologia – precisa – e non solo come un fattore di rischio”. Una prevalenza particolarmente alta è stata riscontrata nei soggetti con patologie cardiache: “Si tratta di una condizione frequente – aggiunge Stephan von Haeling, del Dipartimento di Cardiologia e Pneumologia dell’Università tedesca di Gottingen, in occasione della recente Conferenza ? internazionale della Società di sarcopenia e cachessia – con una prevalenza che va dal 20 al 50% nei pazienti con insufficienza cardiaca, e una percentuale significativa nei soggetti con diagnosi di cardiomiopatia dilatativa. La perdita di muscolo mostra un andamento a cascata che può progredire sino alla cachessia, una sindrome da deperimento con perdita di peso, atrofia muscolare, stanchezza, debolezza e significativa perdita di appetito”.

Non sono migliori le prospettive di chi ha subito un ictus: dati presentati alla conferenza, tenutasi a Roma, hanno evidenziato come il 20% dei pazienti sviluppi una sindrome da deperimento entro un anno dall’evento acuto. “Eppure non esistono linee guida che tengano conto di questo fattore nella terapia o nella riabilitazione della malattia”, evidenzia Muscaritoli. Ma non si tratta di una condizione irreversibile, come si evince da uno studio italiano su oltre 8 mila persone tra i 18 e i 98 anni.

“La cattiva notizia – spiega Francesco Landi, responsabile della Uoc di Riabilitazione geriatrica al Policlinico Gemelli di Roma – è che al compimento del cinquantesimo compleanno si verifica una sorta di scalino ripido verso l’invecchiamento. Con una diminuzione significativa della massa muscolare (valutata con la misurazione della circonferenza del polpaccio) che diminuisce tra i 10 e il 20%, e si accompagna a una diminuzione della forza di circa il 60% (misurata al dinamometro) e a un crollo di circa l’80% nella performance motoria misurata con un test che prevede di alzarsi e sedersi 5 volte senza aiutarsi con le braccia e valutando la velocità”. “La notizia positiva è che l’invecchiamento non è inesorabile – aggiunge – e questi deficit possono essere efficacemente compensati. Il segreto è il movimento: abbiamo osservato che un 70enne sedentario presenta le stesse performance muscolari di un 80enne abituato a camminare regolarmente (con un guadagno netto quindi di dieci anni). Ma ancora più sorprendente è stato osservare che un 80enne attivo con una attività regolare che preveda attività aerobica e di resistenza ha le stesse prestazioni di un 50enne inattivo”.

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