Gli scienziati del King’s College London credono di aver trovato un modo per identificare le pazienti con cancro al seno che hanno più probabilità di sviluppare la metastasi e quelle che sono meno a rischio. Attualmente, quando ad una paziente viene diagnosticato un cancro al seno, i medici devono capire se le cellule tumorali si sono già diffuse in alcuni dei loro linfonodi. Se questo avviene, i pazienti dovranno ricevere trattamenti più intensivi, come la chemioterapia. In questo nuovo studio, gli scienziati del King’s College London hanno studiato il tessuto dei linfonodi e campioni di tumore primario di 309 pazienti con cancro al seno. Lo studio ha svelato che i linfonodi che non erano stati colpiti dal cancro offrivano informazioni per predire la probabilità di diffusione della malattia, cioè la metastasi.
Attraverso sofisticati modelli matematici, i ricercatori sono stati in grado di analizzare i cambiamenti morfologici dei linfonodi e sviluppare un punteggio per predire il rischio di metastasi. Inoltre, le variazioni nelle caratteristiche strutturali dei linfonodi non colpiti dal cancro hanno aiutato i dottori a differenziare i pazienti ad alto rischio da quelli in cui il rischio era minore. Se convalidato in studi più ampi, questo progresso potrebbe avere influenza anche sui trattamenti, che sarebbero mirati a seconda del livello di aggressività della malattia, permettendo a coloro che non sono a rischio di evitare trattamenti che non sono necessari, insieme ai loro effetti collaterali.
Delyth Morgan, CEO di Breast Cancer Now, che ha finanziato lo studio, ha dichiarato: “Sapere che analizzando la struttura dei linfonodi si potrebbe predire la metastasi del cancro al seno e, quindi, aiutare anche nei trattamenti è una prospettiva molto eccitante. Se vogliamo impedire che le persone muoiano di cancro al seno, dobbiamo trovare modi per prevenire la diffusione della malattia in tutto il corpo, dove diventa incurabile. I risultati di questo nuovo studio potrebbero giocare un ruolo fondamentale nell’assicurare ai pazienti le migliori chances di sopravvivenza e sottoporli a trattamenti di chemioterapia solo quando necessario”. Inoltre, considerando che il tipo di tessuto utilizzato nello studio è già usato negli interventi chirurgici, questa analisi in teoria potrebbe essere facilmente integrata negli attuali strumenti diagnostici.