La giornata della Festa della Donna dovrebbe essere il 23 febbraio: ecco perché

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Il 23 febbraio e non l’8 marzo è il giorno in cui bisognerebbe celebrare la Festa delle DonneSabino Maria Frassà e Nicla Vassallo per il Think-tank Ama Nutri Cresci hanno deciso di proporre una riflessione riguardo al significato di una giornata dal significato quantomai complesso e attuale. Nicla Vassallo, che da poco ha pubblicato il libro “La donna non esiste”, insieme Sabino Maria Frassà, forniscono alcuni spunti su cui riflettere, tornando sul tema di cosa significhi oggi essere minoranza o la “parte debole” e su come si possano garantire realmente i diritti.

Ecco di seguito la riflessione di Sabino Maria Frassà e Nicla Vassallo:

Altro che mimose! Forse non tutti sanno che la giornata della festa della donna, così come la celebriamo oggi, nasce durante la prima guerra mondiale, come gesto di donne esasperate dalla fame e dalla guerra. L’8 marzo 1917 moltissime donne manifestarono per la pace contro la partecipazione della Russia alla 1° guerra Mondiale. Complici le terribili condizioni vissute anche dell’esercito, la manifestazione non venne repressa e sfuggì di mano fino a dare origine di fatto alla rivoluzione Russa. Reinterpretando in chiave politica tale manifestazione “pacifista”, la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 stabilì perciò  che ogni 8 marzo si celebrasse la Giornata internazionale dell’operaia.

A dire il vero anche prima del 1917 si era cominciato a celebrare però la festa della donna, grazie alla pressione e organizzazione del partito socialista. Più che di festa, si trattava di un giorno all’anno di grandi proteste politiche per rivendicare il suffragio universale e i diritti delle lavoratrici. Così grazie alle indicazioni dell’allora Partito Socialista americano, il 23 febbraio 1909 si tenne a New York il primo Woman’s Day. Solo nel 1977 l’ONU formalizzò l’8 marzo come data in cui celebrare la festa delle donne, dal momento che tale data con il tempo si era affermata, perdendo l’originaria connotazione politica.

Ricordare l’origine pacifista e sindacale dell’8 marzo è utile per riflettere su cosa possa significare festeggiare la Festa delle donne oggi. La nostra Costituzione ha il coraggio di non difendere semplicemente i diritti di specifiche minoranze o parti della popolazione, ma di sancire in prima istanza il generale principio dell’uguaglianza: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge …” (Art. 3). Alla luce di tale principio di uguaglianza, che si completa con l’obbligo a non discriminare, andrebbe riletta anche la Giornata Internazionale della Donna. L’8 marzo dovrebbe essere soprattutto uno di quelle importantissime ricorrenze utili per ricordare una volta di più la necessità di riconoscere diritti universali a tutti gli esseri umani, più che la necessità di difendere diritti negati a singole minoranze, le cui stesse definizioni risultano complesse, anacronistiche e francamente superflue (si pensi ad esempio al divieto di discriminazione razziale, oggi che lo stesso concetto di razza risulta scientificamente superato).

Più amara si fa la riflessione se si pensa invece a chi coglierà lo stimolo di tali giornate e si batterà domani per i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani. Da un lato assistiamo ad un fenomeno di crescente paura del “femminile” con l’aumento della violenza contro le donne e dell’omofobia, dall’altro l’idea stessa di suffragio universale – alla base della Festa delle Donne – si scontra con il crescere di ignoranza, astensionismo e populismo. Che senso ha che un qualsiasi essere umano possa perché maggiorenne votare per difendere/negare i suoi e soprattutto altrui diritti, senza che abbia quasi alcuna capacità di comprensione di ciò che gli viene detto o di ciò che gli accade intorno? Ricordiamoci che secondo l’ISTAT il 18,6 per cento degli italiani in un anno non ha mai aperto né un giornale né un libro e che l’OCSE sostiene che il 28% degli italiani soffra di analfabetismo funzionale.

A salvaguardare il sistema democratico e l’uguaglianza, non bastano leggi e dichiarazioni. Non basta nemmeno una Carta Costituzionale, conquistata con il sangue non troppi anni fa. Per farlo, bisogna voler ogni giorno andare oltre i propri pregiudizi, l’umana paura e l’egoismo. Per difendere l’umanità e non solo le donne, gli omosessuali, gli ebrei, i mussulmani o gli immigrati di turno, bisogna essere educati a farlo per tutta la vita.

Stiamo facendo il massimo per farlo?

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