Ricerca INGV: l’ecologia storica rivela la trasformazione del paesaggio nell’Appennino centrale

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Uno studio sulle carote sedimentarie, prelevate dal fondo dei laghi del bacino di Rieti (Lago Lungo e Lago di Ripasottile), ha messo in luce l’influenza dei cambiamenti climatici e sociali sull’evoluzione del paesaggio dell’Appennino Centrale, dall’epoca romana in poi.

I risultati della ricerca, condotta da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) – sede di Roma, dell’Università del Nevada (USA) e della Tuscia (Viterbo), sono stati pubblicati su Scientific Reports del gruppo editoriale di Nature (https://www.nature.com/articles/s41598-018-20286-4).

Da queste carote di sedimento”, spiega Leonardo Sagnotti, direttore del Dipartimento Ambiente dell’INGV, “è stato possibile effettuare misure e analisi, ad alta risoluzione, sulle proprietà magnetiche, la composizione chimica, le caratteristiche sedimentologiche e sul contenuto in pollini dei sedimenti”.

Laboratorio di paleomagnetismo dell'INGV di RomaLa stratigrafia del bacino di Rieti ha potuto fornire indicazioni sull’evoluzione del paesaggio nel corso degli ultimi tre millenni e sul ruolo che hanno avuto i cambiamenti climatici e i cambiamenti sociali.

La datazione della sequenza sedimentaria esaminata si è basata non solo sulla presenza di caratteristici indicatori radiometrici, come gli isotopi radioattivi Cesio 137 (137Cs) e Piombo 210 (210Pb), riconosciuti nella parte più recente della sequenza, ma anche sul reperimento di pollini di specie caratteristiche, come lo Zea mays (portato in Europa dopo la scoperta delle Americhe e introdotto in Italia tra il 1700 e il 1750), e sulla registrazione delle passate variazioni del campo magnetico terrestre, ricostruite sulla base delle misure effettuate presso il laboratorio di paleomagnetismo dell’INGV di Roma”, prosegue Sagnotti.

I risultati ottenuti hanno permesso di scandire la successione temporale degli eventi, individuati dalla variazione della vegetazione e del paesaggio.

La ricerca”, afferma Fabio Florindo, dirigente di ricerca dell’INGV, “coadiuvata dalle fonti storiche sull’Italia centrale e dalla documentazione geologico-stratigrafica, evidenzia che i maggiori cambiamenti nella vegetazione e nel paesaggio, durante gli ultimi tre millenni, sono il risultato sia di variazioni naturali (cambiamenti climatici ed eventi sismici) sia di cambiamenti sociali (alternarsi delle popolazioni, pestilenze, cambiamenti nelle tecniche agricole e di gestione del patrimonio boschivo)”.

Questi ultimi, in particolare, riflettono l’alternarsi delle priorità sociopolitiche, al variare delle popolazioni che hanno gestito il territorio intorno a Rieti (romani, ostrogoti, longobardi, carolingi, fino all’epoca contemporanea), con impatti che hanno condizionato progressivamente l’evoluzione storica successiva.

La ricerca mette in evidenza come le trasformazioni sociali e culturali hanno avuto, nel corso degli ultimi tre millenni, un impatto sul territorio di entità paragonabile – o anche maggiore – a quelle legate ai cambiamenti climatici e che la riorganizzazione del paesaggio vegetale, a seguito dei maggiori eventi naturali e sociali, avviene rapidamente su scala temporale di decine di anni.

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