Il pianeta Giove è un gigante gassoso con un raggio di circa 70mila km (11 volte quello terrestre) e una composizione molto simile a quella del Sole, in larga parte idrogeno ed elio: è privo di una superficie solida e probabilmente di un nucleo ben definito. Della struttura profonda del corpo celeste si sapeva poco: le osservazioni finora si sono incentrate e fermate sulla superficie caratterizzata da bande di diversa colorazione, da potenti cicloni e anticicloni come la celeberrima Grande Macchia Rossa.
Ci si chiede dunque fino a quale profondità si spingono i venti osservati sulla superficie: a questo e ad altri quesiti ha risposto la sonda Juno, realizzata dalla NASA con un importante contributo italiano.
Sotto le nubi di Giove soffiano venti che arrivano alla profondità di 3mila km, mentre ai poli sono presenti cicloni estesi migliaia di km: le misurazioni si devono agli strumenti italiani KaT e Jiram, a bordo dalla sonda, ed i risultati sono pubblicati su Nature da due gruppi coordinati dalla Sapienza di Roma e dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), con Cnr e Agenzia Spaziale Italiana (Asi).
Il primo studio, coordinato da Luciano Iess della Sapienza, ha determinato la profondità a cui si spingono i venti di Giove misurando le variazioni che generano nel campo di gravità del pianeta. Fondamentale il ruolo dello strumento KaT (Ka-band Translator): “Le misure assai precise della sonda Juno – ha spiegato Iess – sono state rese possibili grazie a uno strumento di grandissima precisione che garantisce il collegamento radio con la sonda. Il Ka-band Translator (KaT) e’ stato realizzato da Thales Alenia Space Italia con il contributo dei ricercatori di Sapienza, e finanziato dell’Agenzia Spaziale Italiana. Il KaT permette di misurare la velocita’ della sonda con precisione straordinaria (fino a pochi millesimi di millimetro al secondo). Seguendo il moto di Juno nel suo passaggio sopra le nubi di Giove alla velocita’ di circa 70 km/s, siamo riusciti a determinare la struttura fine del campo di gravita’ del pianeta e a sondare le profondita’ invisibili della sua atmosfera“.
Ad osservare le regioni polari di Giove sono stati gli strumenti che comprendono lo spettrometro Jiram (Jovian InfraRed Auroral Mapper), una sorta di ‘macchina fotografica’ nell’infrarosso realizzata da Leonardo sotto il coordinamento dell’Asi in sinergia con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Con le sue accurate riprese “abbiamo scoperto la complessa danza dei vortici atmosferici in prossimita’ del polo nord e del polo sud di Giove” ha spiegato il responsabile scientifico, Alberto Adriani. “Esistono due cicloni che stazionano in corrispondenza di ciascun polo, circondati da strutture vorticose che fanno da corona“.
In prossimità del ciclone sul Polo Nord sono presenti altri otto cicloni di dimensioni simili, mentre intorno al ciclone situato sopra il Polo Sud se ne sono osservati cinque.
Le loro dimensioni sono enormi: al Nord possono raggiungere un diametro di 4mila km e al Sud addirittura superare i 6mila km da un estremo all’altro.
I venti all’interno di queste strutture atmosferiche sono oscillano tra i 150 e i 350 km/h.
I venti di Giove sono determinati dalle stesse leggi che regolano la circolazione atmosferica sulla Terra dove le zone di alta e bassa pressione, associate a diverse densità dell’atmosfera, forzano il movimento di grandi masse d’aria: più profondi sono i venti, maggiori sono le masse atmosferiche messe in movimento e maggiore è la variazione di gravità generata. Sono state proprio le variazioni di gravità associate alle diverse densità atmosferiche e velocità dei venti nei due emisferi a fornire la chiave per esplorare le profondità del gigante gassoso. Più profondi sono i flussi, maggiori sono le masse atmosferiche messe in movimento, e maggiore è la variazione di gravità generata.