Si avvicina il ventesimo anniversario della frana che, tra il 5 e il 6 maggio 1998, colpì i comuni di Sarno, Siano e Bracagliano in provincia di Salerno e Quindici, in provincia di Avellino: una colata di fango causò la morte di 160 persone, 137 nella sola Sarno, e rappresentò un momento di svolta nella gestione del rischio idrogeologico. Si tratta di territori “vulnerabili che erano esposti a possibili frane di tipo colata di fango per la particolare caratteristica del territorio“, ha spiegato all’Adnkronos Francesco Peduto, presidente del Consiglio nazionale dei geologi. In occasione del ventennale della tragedia, il Consiglio nazionale dei Geologi, insieme all’Ordine dei Geologi della Campania e all’Associazione italiana di geologia applicata, ha organizzato un convegno dal titolo “20 anni dopo Sarno: cosa è cambiato” che si terrà il prossimo 5 maggio al Grand Hotel di Salerno.
“Nella zona ci sono versanti montuosi fatti di rocce dure, da calcari, sulle quali si sono deposte nel tempo le ceneri e le piroclasti degli edifici vulcanici dell’area napoletana, sia del Vesuvio che dei Campi Flegrei. Nel 1998 si è verificata una particolare concomitanza negativa: ha piovuto tanto in un momento in cui le falde, dopo l’inverno, erano già in crisi. La pioggia ha reso meno coerenti i terreni di quei versanti ed è successo quello che non doveva succedere“, prosegue Peduto. “Cosa è stato fatto in questi vent’anni? Molto: basti pensare che all’epoca erano appena state istituite le autorità di bacino, non c’erano piani, non si faceva la ricognizione delle frase, non c’era un piano di contrasto, non c’era Italia Sicura per rimanere agli anni più recenti. Gli interventi non erano pianificati in maniera lineare ma erano affidati alla bontà del ministro di turno. Sono state fatte tante cose indubbiamente, ma non possiamo pensare che i problemi siano risolti e che ci troviamo alla fine di un percorso, perché non è così. Mancano ancora tantissime cose da fare“, ad esempio “interventi non strutturali, cioè il presidio satellitare o tecnico-scientifico, i cosiddetti presidi territoriali. In Italia, secondo l’ultimo censimento Ispra, sono presenti 530mila frane, alcune di nuova formazione e altre che si muovono lentamente o periodicamente, ma che causano molti danni. Non potranno mai essere risolte solo con gli interventi infrastrutturali di Italia Sicura. Servono altre misure di prevenzione civile in tempi di pace“.
“E’ questo lo scopo del presidio territoriale, che abbiamo già ottimamente applicato proprio a Sarno. E’ stata una idea brillante che viene guardata con interesse da tutto il mondo: si tratta di una coppia di tecnici, un geologo e un ingegnere, che tiene sotto controllo i punti critici della zona. Manca però ancora una legge organica di questo tipo. Se n’è parlato nell’ultima legislatura, ho fatto il giro delle ‘sette chiese’ politiche ma ho dovuto verificare che purtroppo la politica ha i suoi tempi che a volte sono più lunghi dei nostri tempi geologici“. Infine
“Serve una nuova legge quadro sulla difesa del suolo, perché oggi troppi enti si sovrappongono e ci sono dei vuoti di competenza su altre cose. Non siamo più a 20 anni fama – conclude Peduto – la strada da fare è ancora lunga se vogliamo raggiungere un minimo di sicurezza del territorio in Italia“.