L’alimentazione, per potersi definire corretta, deve essere basata su una dieta (da intendersi come l’insieme di alimenti assunti abitualmente e non come dieta dimagrante) che risponde alle seguenti caratteristiche: sana, equilibrata, variata, che preveda l’introduzione di tutti i gruppi alimentari nelle giuste proporzioni. Quando manca uno di questi aspetti fondamentali per la nostra salute allora siamo in presenza di un possibile pericolo o disturbo di carattere alimentare. Un esempio tipico è il disturbo da alimentazione incontrollata, ovvero una patologia che si caratterizza per la presenza di crisi bulimiche in assenza di comportamenti di compensazione inappropriati per il controllo del peso. A differenza di altri disturbi alimentari come l’anoressia o la bulimia nervosa, i soggetti con disturbo da alimentazione incontrollata hanno mediamente un peso maggiore, una maggiore frequenza di sovrappeso o obesità, una età di esordio più varia (che può essere a qualsiasi età, mentre per anoressia nervosa e bulimia nervosa è soprattutto in età adolescenziale), una maggiore prevalenza anche nelle persone di sesso maschile. Spesso le persone con disturbo da alimentazione incontrollata si rivolgono ai centri per il trattamento dell’obesità, ma rispetto ai soggetti obesi riportano una maggiore presenza di sintomi psichiatrici, in particolare depressione, disturbi d’ansia e di personalità. Provare vergogna e di insoddisfazione della propria condizione fisica è tipico di questa patologia.
Per diagnosticare un soggetto con disturbo da alimentazione incontrollata, secondo il DSM-5, i pazienti soffrono:
- Di crisi bulimiche; mangiare, in un periodo definito di tempo (es. di 2 ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili, e la sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o di non controllare che cosa o quanto si sta mangiando).
- Durante le abbuffate si riscontarono i seguenti aspetti; mangiare molto più rapidamente del normale, mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieno, mangiare grandi quantità di cibo quando non ci si sente fisicamente affamati, mangiare da solo perché ci si sente imbarazzati dalla quantità di cibo che si sta mangiando, sentirsi disgustato di se stesso, depresso o assai in colpa dopo l’abbuffata.
- Le abbuffate si verificano, in media, almeno una volta a settimana per 3 mesi.
- È presente un marcato disagio in rapporto alle abbuffate.
La gravità della malattia dipende dalla frequenza delle crisi bulimiche, tenendo conto degli altri sintomi e del grado di disabilità funzionale. Ad esempio se le crisi bulimiche avvengono in media 1-3 per settimana allora la gravità è lieve, se invece arrivano a 8-13 crisi per settimana allora il problema diventa grave per poi arrivare ad estremo quando si estendono a più di 14 per settimana.