Tumori, la Cassazione: “Se la diagnosi è tardiva, il paziente va risarcito”

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Un paziente con un tumore che riceve una diagnosi tardiva ha diritto a un risarcimento perché “ha avuto un materiale impedimento a scegliere ‘cosa fare’ nell’ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della Salute residua fino all’esito infausto, ovvero di programmare il suo essere persona e, dunque, l’esplicazione delle sue attitudini psico-fisiche in vista e fino a quell’esito”.

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 7260. “La Cassazione ha riconosciuto – scrive l’avvocato Alberto Nachira sul sito StudioCataldi.it – la risarcibilità della violazione del diritto del paziente, affetto da patologia ad esito infausto, di determinarsi liberamente in ordine alle scelte della vita”. Il caso è quello di un paziente con adenocarcioma a cui era stata diagnosticata tardivamente dal medico la patologia neoplastica.

“Con la pronuncia in esame – aggiunge il legale – la Suprema Corte ha ritenuto meritevole di tutela risarcitoria non solo la mancata scelta di procedere celermente all’attivazione di una idonea terapia, o la mancata fruizione delle terapie palliative delle quali il paziente avrebbe potuto beneficiare, con conseguente alleviamento delle sue sofferenze patite, ma anche la stessa decisione del paziente di vivere le ultime fasi della propria vita, nella cosciente e consapevole accettazione della sofferenza e del dolore fisico, in attesa della fine. Per la Corte, quindi – conclude l’avvocato – anche la sofferenza e il dolore, là dove coscientemente e consapevolmente non curati, acquistano un senso ben differente, sul piano della esistenza, se accettati dal paziente piuttosto che vissuti dallo stesso passivamente”. 

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