Rapporto Istat: l’Italia il secondo Paese più vecchio al mondo, nascite in calo per il 9° anno

MeteoWeb

L’Italia è un paese “vecchio“, è il secondo più vecchio al mondo con una stima di 168,7 anziani ogni 100 giovani al 1° gennaio 2018: si rileva un declino demografico per il terzo anno consecutivo, che ha portato la popolazione italiana a 60,5 milioni di residenti, e per il nono anno nascite in calo: è il quadro che emerge dai dati relativi alla popolazione italiana contenuti nel rapporto Istat.

Dal 2015 il nostro Paese è entrato in una fase di declino demografico. Al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni di residenti, con un’incidenza della popolazione straniera dell’8,4% (5,6 milioni). La popolazione totale diminuisce per il terzo anno consecutivo, di quasi 100 mila persone rispetto all’anno precedente. Si accentua contemporaneamente l’invecchiamento della popolazione, nonostante la presenza degli stranieri caratterizzati da una struttura per età più giovane di quella italiana e con una fecondità più elevata. Per il nono anno consecutivo le nascite registrano una diminuzione: nel 2017 ne sono state stimate 464 mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente e nuovo minimo storico. Si diventa genitori sempre più tardi. Considerando le donne, l’età media alla nascita del primo figlio è di 31 anni nel 2016, in continuo aumento dal 1980 (quando era di 26 anni).

Firenze al top per speranza di vita, Napoli e Caserta ultime

Secondo le stime riferite al 2017, la speranza di vita alla nascita ha raggiunto 80,6 anni per gli uomini e 84,9 per le donne. Sul totale della popolazione, il valore più elevato si registra nella provincia di Firenze (84,1 anni), seguita dalla provincia autonoma di Trento (83,8 anni). Il valore minimo è rilevato nelle province di Napoli e Caserta (per entrambe 80,7 anni).  Secondo quanto rileva l’Istituto di statistica, alla nascita l’aspettativa di vita in buona salute a Bolzano è di quasi fino a 70 anni (69,3 per gli uomini e 69,4 anni per le donne) a fronte di una media nazionale di 60 anni per gli uomini e 57 anni e 8 mesi per le donne. I maschi della Calabria e le femmine della Basilicata sono invece ai livelli più bassi, con un’aspettativa di vita in buona salute alla nascita rispettivamente di 51,7 e 50,6 anni.

Incremento di 18mila stranieri residenti, cala il numero di figli

La stima della popolazione straniera al 1° gennaio 2018 mostra un incremento di 18 mila persone rispetto all’anno precedente, come saldo tra ingressi, uscite e acquisizioni di cittadinanza. È dal 2016 che la variazione della popolazione straniera sull’anno precedente presenta valori modesti, soprattutto se comparati con quelli degli anni Duemila. Nel 2017 si stima che i nati con almeno un genitore straniero siano intorno ai 100 mila (21,1% del totale dei nati). Dal 2012 il contributo in termini di nascite della popolazione straniera residente è in calo. A diminuire sono in particolare i nati da genitori entrambi stranieri, con una stima pari a 66 mila nel 2017 (14,2% sul totale delle nascite). Pur mantenendosi su livelli decisamente più elevati di quelli delle cittadine italiane (1,95 rispetto a 1,27 secondo le stime nel 2017), diminuisce il numero medio di figli delle cittadine straniere, come conseguenza delle dinamiche migratorie e della loro struttura per età che si presenta ‘invecchiata’ rispetto al passato.
I nati in Italia da genitori stranieri costituiscono la cosiddetta seconda generazione in senso stretto. Considerando solo la popolazione minorenne, si stima che nel 2016 nel nostro Paese ci siano circa 700 mila ragazzi stranieri residenti nati da genitori entrambi stranieri. Cresce il numero di ragazzi che acquisiscono la cittadinanza italiana per trasmissione del diritto dai genitori. Al 1° gennaio 2017 si contano circa 218 mila minori che hanno acquisito la cittadinanza italiana tra il 2011 e il 2016 (quasi il 30% del totale delle acquisizioni), di cui 169 mila nati in Italia. Il saldo migratorio, positivo da oltre vent’anni, si contrae ma è in lieve ripresa negli ultimi due anni (stimato in 184 mila unità nel 2017): le immigrazioni dall’estero si sono ridotte da 527 mila iscritti in anagrafe nel 2007 a 337 mila stimati nel 2017. Le emigrazioni per l’estero invece sono triplicate, passando da 51 mila a 153 mila.Nel 2016, delle 301 mila iscrizioni anagrafiche dall’estero circa l’87% riguarda cittadini stranieri. Nove paesi di provenienza (Romania, Brasile, Nigeria, Marocco, Pakistan, Cina, Albania, Bangladesh e India), nel complesso, coprono quasi la metà delle immigrazioni complessive.

Ospedali pubblici diffusi, ma i dipartimenti di emergenza di secondo livello sono garantiti solo dalla metà delle Asl

Gli ospedali pubblici sono diffusi sul territorio italiano, ma i dipartimenti di emergenza di secondo livello sono garantiti solo dalla metà delle Asl. In Italia – indicano i dati, al 2015, del Rapporto Istat- operano 1.344 strutture ospedaliere del Ssn, per un totale di 217 mila posti letto, per l’83,9% destinati alla cura di patologie acute, per circa il 12% alla riabilitazione, e il rimanente alla lungodegenza. L’80% delle Asl garantisce l’offerta di Dipartimenti di emergenza di primo livello, circa il 50% quella di secondo livello. Ampie zone del Paese, in particolare nelle Isole, nel Lazio, in Abruzzo e in alcune parti del Nord-Est, non sono in grado quindi di fronteggiare emergenze di particolare gravità, se non attraverso trasporti speciali.

In Molise, Basilicata e Calabria i cittadini più insoddisfatti dalle cure in ospedale

Molise, Basilicata e Calabria sono le Regioni con i cittadini meno soddisfatti dell’assistenza medica ospedaliera ricevuta nella propria terra. A non apprezzarle sono rispettivamente il 25,6%, 12,6% e 21,1% dei residenti. Si tratta infatti delle Regioni con la quota più elevata di mobilità ospedaliera verso altre Regioni, con percentuali che vanno dal 26,7% (Molise), al 23,7% (Basilicata) al 21, 2% (Calabria). Le Regioni più attrattive per l’assistenza ospedaliera sono la Lombardia e l’Emilia-Romagna, le quali effettuano, rispettivamente, 3 e 2,4 ricoveri in entrata per ogni ricovero in uscita dalla Regione.

Condividi