La demenza è un problema che colpisce decine di milioni di persone nel mondo. Un focus della ricerca è stato l’ippocampo, una struttura cerebrale importante sia per la memoria a breve termine che per quella a lungo termine. L’Alzheimer, il tipo di demenza più comune, per esempio, è associata all’atrofia dell’ippocampo.
I ricercatori hanno ipotizzato che accumuli anormali di calcio (calcificazioni) nell’ippocampo potrebbero essere collegati a problemi vascolari che possono contribuire all’atrofia ippocampale e al conseguente peggioramento delle funzioni cognitive. Tuttavia, gli studi su questo aspetto sono limitati.
Ora in un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Radiology, è stata analizzata l’associazione tra calcificazioni ippocampali e fattori di rischio vascolari, come ipertensione, diabete e fumo, e valutati gli effetti delle calcificazioni sulle funzioni cognitive. Lo studio è stato condotto su 1.991 pazienti, di 78 anni in media, che avevano visitato una “clinica della memoria” tra il 2009 e il 2015.
Il 19,1% dei pazienti aveva calcificazioni ippocampali. L’età avanzata, il diabete e il fumo erano associati ad un maggior rischio di calcificazioni. “Riteniamo che fumo e diabete siano fattori di rischio. In un recente studio, è stato scoperto che le calcificazioni ippocampali sono una manifestazione delle malattie cardiovascolari. È ben noto che fumo e diabete siano fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. È probabile, quindi, che fumo e diabete siano fattori di rischio per le calcificazioni ippocampali”, spiega Esther J.M. de Brouwer, del Centro Medico Universitario di Utrecht.
Sorprendentemente, non c’era un collegamento tra la presenza e la gravità delle calcificazioni e le funzioni cognitive. Questo può avere diverse spiegazioni. “L’ippocampo è costituito da diversi strati ed è possibile che le calcificazioni non abbiano danneggiato la struttura dell’ippocampo importante per i ricordi. Un’altra spiegazione potrebbe essere la selezione dei nostri partecipanti, che provenivano tutti da una clinica della memoria”, conclude
I ricercatori pianificano ulteriori studi in diversi gruppi di persone per comprendere meglio i possibili collegamenti tra queste calcificazioni e i problemi cognitivi.