Sanità, odontoiatria estetica: il colore sbagliato causa l’80% dei restauri

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“Ottanta rifacimenti su cento in odontoiatria conservativa sono dovuti al fatto che al paziente non piace il colore finale dei ‘restauri’ dei denti. L’odontoiatra non è un fotografo, ma non può prescindere da conoscenze di colorimetria, e di psicologia, quando tratta professionalmente un sorriso e quando vuole costruire un rapporto di fiducia veramente forte”.

Lo ha spiegato Roberto Favero, dentista ad Agordo (nel Bellunese), socio della Società di chirurgia orale ed implantologia (Sicoi) è protagonista sabato 9 giugno al Museo Nicolis di Villafranca di Verona al VIII Congresso di Poiesis, l’associazione di medici e odontoiatri che condividono l’interesse per medicina estetica ed estetica facciale.

“La colorimetria – ha precisato l’esperto – è la disciplina che risponde a un’esigenza fondamentale: il colore scelto con il mio cliente per la corona o la faccetta deve essere lo stesso a Roma, a Londra e a Bangkok, e percepito all’esterno nel modo più univoco possibile. Non solo da diverse persone – c’è una componente soggettiva nella percezione, e ad esempio le donne vedono meglio degli uomini l’ultravioletto – ma anche da diversi device: macchina fotografica, monitor del pc, schermo dello smartphone, stampante”. A scoprire la scienza del colore è stata l’industria: tessile, editoriale (ricordiamo le riviste in tricromia e quadricromia), automobilistica.

“Oggi esistono diversi sistemi colorimetrici basati su principi diversi tra loro. Il sistema Lab ‘spazio colore assoluto’ – ha detto Favero che parlerà dell’argomento nel corso dell’incontro di sabato – copre tutti i colori visibili dall’occhio umano ed è il più coerente con un percorso partito a metà Ottocento quando si arrivò a selezionare colori target regolando la luminosità introdotta con delle manopole a partire dai ”classici” rosso verde e blu. Nel tempo – ha aggiunto Favero – questo sistema ha abbracciato tutte le gamme di colori ed è utilizzato nei programmi più sofisticati”.

Quando i vari device del professionista utilizzano tutti lo stesso sistema, al paziente si può illustrare una scelta estetica realmente univoca. “La fotografia è un importantissimo elemento di comunicazione con il paziente ma in letteratura si trova molto poco di cosa comunicare e come”, ammette Favero.

“La proposta terapeutica – ha aggiunto – deve tenere conto delle esigenze del paziente e delle conoscenze tecnologiche dell’operatore. Ma quest’ultimo dovrebbe dotarsi anche di un bagaglio di conoscenze psicologiche. E’ il paziente il primo vero giudice del risultato. L’uso della fotografia e degli avanzamenti ottenuti con il digitale è fondamentale: immagini, magari non tante ma eloquenti e colorate, per scelte valide e durevoli”.

Il congresso Poiesis quest’anno è dedicato alla ‘Gestione del paziente di estetica nello studio odontoiatrico’. “Comprende eventi formativi di educazione continua per 50 crediti in tutto ed ospita relatori indipendenti di rilievo internazionale”, ha ricordato la presidente Milvia Di Gioia.

“In una cornice ricca di ambienti espositivi che documentano un secolo di stile italiano e conquiste universali, esporranno nomi come Sarah Chick Richardson del London Centre for Implant & Aesthetic Dentistry, un maestro dell’odontoiatria estetica come Loris Prosper, Maurizio Ceccarelli dell’International Centre for Study and Research in Aesthetic and Physiological Medicine e gli psicologi Giuseppe Polipo e Andrea Cirelli. Da ricordare, al pomeriggio, le sessioni delle tredici ‘unità locali’ Poiesis, gruppi di studio che relazioneranno su casi clinici con trattamenti di Medicina estetica di chiara attualità”.

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