Era passato mezzogiorno quando il Vesuvio esplose in una violenta eruzione senza dare preavviso e cogliendo tutti di sorpresa. Inizialmente, secondo gli studi, l’evento era avvenuto il 24 agosto, data che fu poi spostata al 24 ottobre. Recentissimi studi, invece, hanno ridatato l’evento spostandolo ad una settimana prima, al 17 ottobre. La lava fuoriuscita dal vulcano coprì interamente Pompei, Castellammare di Stabia ed Ercolano: le vittime furono oltre 10 mila. “Il paesaggio intorno era da sempre pacifico, rigoglioso e nulla faceva sospettare la natura vulcanica di quella “montagna” e presagire quello che di terribile stava per accadere – si legge sulla pagina Facebook del Parco Archeologico di Pompei –. Improvvisamente, invece, il vulcano si sveglia da un sonno durato oltre 1500 anni: il magma sale in superficie attraverso una serie di forti esplosioni”.

“Una colonna eruttiva di gas, vapori e frammenti litici, in veloce ascesa, cresce progressivamente. Gli abitanti di Pompei e degli altri centri vicini assistono a questo spettacolo increduli, con un misto di curiosità e panico, mentre una pioggia di pietre e pomici bianche, sempre più fitta, si riversa sulle città. Il nostro cronista, Plinio il Giovane, che, in quel momento, si trova a Miseno dallo zio, Plinio Il Vecchio, uomo di scienza e comandante della flotta romana, descrive nel dettaglio, nelle sue epistole, quella terribile esperienza e le ultime ore di vita del fratello della madre, così come gli vengono riportate dal racconto dei sopravvissuti”.
I primi eventi sismici ebbero inizio nel 62 d.C. con il crollo di diverse case che furono poi ricostruite negli anni successivi. Solo alcuni anni dopo, nel 79 d.C., il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che porterà poi al seppellimento di alcune zone di Stabia, Pompei, Ercolano e molte città a sud-est dal Vesuvio. Le sostanze eruttate per prime furono per lo più pomici, quindi rocce vulcaniche originate da un magma pieno di gas e raffreddato. Mescolate alle pomici si trovano parti di rocce di altra natura che furono trasportate dal magma. La maggior parte dei cadaveri a Pompei sono rimasti intrappolati al di sopra delle pomici, avvolti nelle ceneri. I residui piroclastici dell’eruzione sono stati rintracciati in un’area ampia centinaia di chilometri quadrati. Secondo una stima di Plinio il Giovane, testimone del fenomeno, l’altezza della nube indicata secondo le moderne unità di misura può aver raggiunto i 26 chilometri.
Per quanto riguarda la composizione chimica delle sostanze eruttate, è certamente diversa da quella delle lave eruttate nel periodo che va dal 1631 al 1944; infatti i magmi pliniani hanno mostrato di possedere una maggiore ricchezza di silice, di sodio e di potassio e una minore quantità di calcio e magnesio; gli specialisti giustificano queste differenze con il fatto che, nel caso delle lave pliniane, il magma si sarebbe fermato per alcune centinaia di anni (circa 700) ad una profondità di qualche chilometro, nella camera magmatica, dove si sarebbe raffreddato fino a 850 °C e si sarebbe attivata la cristallizzazione.