Vaticano, ossa umane ritrovate alla Nunziatura Apostolica: clamorosa svolta nel caso Orlandi? Aperta nuova inchiesta

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Il caso Orlandi potrebbe essere a una svolta storica. O almeno è quello che si spera, dopo il ritrovamento di alcune ossa nella nunziatura apostolica in Italia, l”ambasciata’ della Santa Sede a Roma. Il Vaticano e la procura di Roma indagano per capire se i resti siano compatibili con il Dna di Emanuela Orlandi o di Mirella Gregori, entrambe 16enni ed entrambe scomparse a Roma nel 1983. “Il Corpo della Gendarmeria è prontamente intervenuto sul posto, informando i Superiori della Santa Sede che hanno immediatamente informato le Autorità italiane per le opportune indagini e la necessaria collaborazione nella vicenda“, fa sapere il Vaticano. Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, ha delegato la polizia scientifica e la squadra mobile della Questura di Roma per stabilirne l’età, il sesso e la datazione della morte.

È dello scorso anno l’ultima lettera-appello di Pietro Orlandi indirizzata a Papa Francesco: “In Vaticano – si legge – c’è chi sa e da tanti anni tace, diventando complice di quanti hanno avuto responsabilità in questa vicenda“. Secondo Pietro, “il dossier ‘Rapporto Emanuela Orlandi’ a disposizione, nel 2012, della Segreteria Particolare di Papa Benedetto XVI, contenente informazioni e nomi che potevano condurci alla Verità, stava per essere consegnato a un magistrato italiano, ma in Vaticano vennero meno alla parola data e il fascicolo rimase occultato“. Cinque giorni dopo la sua elezione, il 18 marzo 2013, il Papa argentino incontrò Orlandi assieme alla madre all’uscita dalla chiesa vaticana di Sant’Anna. “Stringendomi la mano mi ha detto ‘Emanuela sta in cielo’, sono rimasto di ghiaccio“, raccontò il fratello, che ha poi chiesto di essere ricevuto dal pontefice per chiedere quando e in quali circostanze sua sorella sarebbe morta, ma che non ha ancora ricevuto udienza.

LA COLLABORAZIONE DEL VATICANO – Giovanni Paolo II intervenne otto volte in meno di un anno con appelli pubblici per la liberazione della ragazza, figlia di un commesso della Casa Pontificia. Wojtyla si recò personalmente a visitare la famiglia e si interessò per garantire un posto di lavoro al fratello Pietro. Il cardinale Agostino Casaroli, all’epoca Segretario di Stato, seguì personalmente la vicenda, mettendosi a disposizione per i contatti con i rapitori utilizzando una linea telefonica dedicata (il Sisde stesso ebbe accesso al centralino vaticano per ascoltare le chiamate). Il 4 marzo 1987 la Segreteria di Stato inviò una nota verbale in risposta alla prima richiesta di informazioni presentata dalla magistratura italiana, in cui si specifica che “le notizie relative al caso erano state trasmesse a suo tempo al Pm dottor Domenico Sica“. “Tutte le Autorità vaticane hanno collaborato con impegno e trasparenza con le Autorità italiane” e “non risulta che sia stato nascosto nulla, né che vi siano in Vaticano ‘segreti’ da rivelare sul tema“, specificò il 14 aprile del 2012 l’ex portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in risposta ad alcune manifestazioni pubbliche per chiedere al Vaticano la verità sulla ragazza. “L’attribuzione di conoscenza di segreti alle istituzioni vaticane, senza indicare alcun nominativo – disse -, sembra quasi un alibi di fronte allo sconforto e alla frustrazione per il non riuscire a trovare la verità“, “non sia questo un motivo per scaricare sul Vaticano colpe che non ha“. A quel tempo le Autorità vaticane, in base ai messaggi ricevuti che facevano riferimento all’attentatore di Giovanni Paolo II Ali Agca, condivisero l’opinione prevalente che il sequestro fosse utilizzato dalla banda della Magliana per inviare messaggi o operare pressioni sulla carcerazione e agli interrogatori dell’attentatore del Papa. “Non si ebbe alcun motivo – disse Lombardiper pensare ad altri possibili moventi del sequestro“. All’epoca Lombardi comunicò la totale disponibilità del Vaticano a ispezionare la tomba di Enrico De Pedis nella Basilica dell’Apollinare, nella quale si riteneva fosse stato nascosto il corpo di Emanuela. La tomba fu poi aperta il mese successivo.

Vaticano, la sede della Nunziatura Apostolica, villa Giorgina

Villa Giorgina, nel quartiere Pinciano, a Roma, e’ la sede della nunziatura apostolica in Italia. Il parco circostante occupa un’area di 20.000 metri quadrati ed e’ delimitato da un muro di cinta lungo via Po, via Salaria, largo Ponchielli, via Peri e via Caccini. L’edificio non e’ aperto al pubblico. L’edificio in stile neoclassico fu costruito nel 1920 dall’architetto Clemente Busiri Vici. La costruzione mostra anche reminiscenze del XVII e XVIII secolo, con largo uso di materiale architettonico dell’antichita’. Il portale dell’ingresso proviene da Villa Doria Pamphilj e riporta l’iscrizione latina “Inter Sidereos Roma Recepta Polos”, tratta dal poema “De reditu suo” di Claudio Rutilio Namaziano del V secolo. Il parco e’ occupato da piante quali cedri, palme, pini romani, accompagnate da numerose fontane. Dopo la firma dei Patti Lateranensi nel 1929, la prima sede della nunziatura della Santa Sede in Italia fu una villa lungo via Nomentana, oggi occupata dall’ambasciata libica. La sede attuale fu donata da Isaia Levi, industriale torinese e senatore, che si converti’ al cattolicesimo e lascio’ in eredita’ la propria residenza romana a Pio XII nel 1949, riconoscente per essersi salvato dalle persecuzioni razziali grazie all’opera del papa. Levi, figlio di ebrei, sposato con un’ebrea, Nella Coen, figlia dello storico Achille Coen, seppe gestire con grande abilita’ l’impresa di famiglia (produzione di tessuti), che consolido’ e amplio’ estendendola alla confezione e alla grande distribuzione. Gia’ al tempo del primo conflitto mondiale il suo giro d’affari era notevole e poteva disporre di un consistente patrimonio immobiliare. Uomo intraprendente, allargo’ i suoi interessi anche al campo cinematografico, elettrico e bancario: fondo’ la ditta “Penne Aurora” e fu presidente della Societa’ Editrice Zanichelli. Fu un abilissimo uomo d’affari e poteva contare anche su una fitta rete di utili relazioni. Si iscrisse nel 1925 al Partito nazionale fascista (PNF), che non rinnego’ mai, fu nominato Cavaliere del Lavoro, Commendatore e Grande Ufficiale della Corona d’Italia e, nel 1933, Senatore. In seguito alla promulgazione delle leggi razziali del 14 luglio del 1938 dovette rinunciare a molte delle cariche che ricopriva ma riusci’ ad ottenere dall’apposita Commissione del Ministero degli Interni, lui totalmente e inequivocabilmente ebreo, la sorprendente e preziosissima dichiarazione di “non appartenente alla razza ebraica”, cosa che gli permise una tranquilla gestione dei suoi affari e della sua vita. Il senatore Levi mori’ nel 1949 senza lasciare eredi diretti. Nel testamento non lascio’ nulla alla “diletta consorte”, ma tutto fece in ricordo della sua bambina Giorgina, unica sua figlia, morta precocemente di leucemia. Per sua volonta’ una parte ingente del patrimonio (nel 1949 oltre quattro miliardi di lire) fu destinato, pur con alcuni strascichi giudiziari, alla Santa Sede. Gran parte della vita e dei gesti di quest’uomo rivelano l’immenso dolore di un padre e il desiderio di perpetuare il ricordo della sua unica figlia. Fu papa Giovanni XXIII a spostarvi gli uffici della nunziatura nella sede attuale. La villa e’ descritta da Alberto Moravia ne “Gli indifferenti”: si trovava di fronte alla residenza dello scrittore durante gli anni della sua infanzia. Tanti i nunzi che si sono succeduti nella storia della villa; tra quelli presenti all’epoca del rapimento di Emanuela Orlandi, anche l’arcivescovo Romolo Carboni.

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