Svolta tumore al seno: ecco la cura che dimezza il rischio di recidive

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Porterà un cambiamento significativo nella vita di migliaia di donne operate di tumore al seno in stadio iniziale: è l’approccio a basse dosi di tamoxifene, studiato da un gruppo di ricercatori italiani distribuiti lungo tutta la penisola e guidati da Andrea De Censi, direttore della S.C. Oncologia medica dell’E.O. Ospedali Galliera di Genova. I risultati sono presentati al San Antonio Breast Cancer Symposium in Texas, il più importante congresso internazionale sul carcinoma alla mammella. La prestigiosa presentazione indica che la comunità scientifica reputa questi risultati di grande rilevanza, tanto da aver selezionato questo studio tra i quattro più rappresentativi del congresso, illustrati il 6 dicembre mattina durante la conferenza stampa dell’American Association for Cancer Research (AACR), la società scientifica che promuove il simposio.

Cosa si ottiene con basse dosi di tamoxifene

Tamoxifene è un farmaco utilizzato dopo l’intervento chirurgico nelle donne che hanno avuto una diagnosi di tumore mammario intraepiteliale, un insieme di malattie che rappresentano circa il 20% di tutti i tumori al seno. Comprende il carcinoma duttale in situ (DCIS), il carcinoma lobulare in situ (LCIS) e l’iperplasia duttale atipica (ADH). Per evitare il ripresentarsi della neoplasia o lo sviluppo di forme di tumore invasive, e quindi più gravi, legate proprio a queste condizioni, si prescrive il tamoxifene che agisce bloccando i recettori ormonali a cui si legano gli estrogeni, gli ormoni femminili che stimolano le cellule della ghiandola mammaria a crescere e a sviluppare un tumore. Fino a oggi il dosaggio indicato in questi casi era di 20 mg al giorno e il trattamento durava 5 anni. «Purtroppo il tamoxifene è associato a un aumentato rischio di tumore dell’endometrio, la parte interna dell’utero, e a tromboembolia venosa oltre che alla comparsa di sintomi della menopausa che possono portare all’interruzione del trattamento» spiega De Censi. «I dati del nostro studio, denominato TAM-01, dimostrano che basse dosi di tamoxifene pari a 5 mg al giorno per 3 anni, dimezzano il rischio di recidiva e riducono del 75% i nuovi tumori all’altra mammella rispetto al placebo. Un risultato che è sovrapponibile a quello che si ottiene con il dosaggio a 20 mg. Oltre a confermare l’efficacia, con il trattamento a basse dosi si ha una riduzione statisticamente significativa degli eventi avversi seri, senza l’aumento dei sintomi della menopausa come vampate di calore, secchezza vaginale e dolore durante i rapporti sessuali».

I dettagli dello studio TAM-01

Lo studio randomizzato di fase III TAM-01 ha coinvolto 500 donne con DCIS, LCIS e ADH dopo l’intervento chirurgico e, quando necessario la radioterapia. Le pazienti sono state suddivise in due “bracci”, di studio e di controllo, e rispettivamente trattate con bassi dosi di tamoxifene o placebo per tre anni, in 14 centri Italiani, tra cui l’Istituto Europeo di Oncologia che è stato il primo centro per reclutamento. Sono state viste dai ricercatori ogni sei mesi e si sono sottoposte a un controllo mammografico annuale.

Dopo un follow-up mediano di 5,1 anni, 14 delle 253 pazienti (5,5%) nel braccio con basse dosi di tamoxifene e 28 delle 247 donne (11,3%) nel braccio con placebo, hanno avuto una ripresa della malattia o un nuovo tumore, con una riduzione del rischio del 52%.

Gli eventi avversi seri tra le pazienti nel braccio con tamoxifene a basse dosi sono stati 12, e 16 quelli tra le donne nel braccio con placebo. Tra i due bracci non sono state rilevate differenze statisticamente significative rispetto ai sintomi di menopausa, in particolare le vampate di calore, la secchezza vaginale e i dolori alle articolazioni.

 

Dati importanti per modificare la pratica clinica

L’ipotesi che un basso dosaggio di tamoxifene potesse essere efficace risale a una ventina di anni fa, confermata anche da alcuni studi pilota, ma diversi fattori hanno ostacolato la realizzazione di una ricerca che coinvolgesse un ampio numero di donne, non ultimo la mancanza di un adeguato sostegno economico, per un farmaco a basso costo senza interesse commerciale. «Da quelle prime osservazioni siamo arrivati a oggi. Grazie al sostegno in primo luogo di AIRC e del Ministero della Salute, e al contributo di LILT, siamo riusciti ad avviare questo studio no profit e ottenere risultati che riteniamo possano cambiare la pratica clinica: le donne che hanno avuto un tumore in situ, con il basso dosaggio avranno una protezione efficace e una qualità di vita migliore» sottolinea De Censi. «È molto importante continuare a sostenere la ricerca no profit sostenuta da AIRC per una medicina giusta, equa e accessibile a tutti. E sono onorato di poter rappresentare la ricerca italiana davanti a circa 8.000 esperti nel più importante meeting mondiale sul cancro alla mammella».

 

Proteggere le donne ad alto rischio per il tumore al seno

I risultati aprono a interessanti prospettive future: si è visto, infatti, che nelle donne a elevata suscettibilità che avevano già avuto un cancro al seno ed erano state operate, il trattamento con tamoxifene a 5 mg al giorno riduceva di ben il 75% il rischio di sviluppo di un tumore all’altro seno: sulla base di questa evidenza De Censi punta ad avviare un nuovo studio per la prevenzione primaria nelle donne a rischio aumentato. Una strategia che era già stata tentata con il dosaggio a 20 mg, ma che non ha avuto molto successo proprio per la comparsa dei sintomi della menopausa. «Con il basso dosaggio questi effetti collaterali sono stati minimi e quindi confidiamo che un trattamento con 5 mg al giorno di tamoxifene possa rivelarsi un’opportunità di prevenzione primaria nelle donne sane che hanno un alto rischio di sviluppare un tumore al seno, comprese le donne con mutazione di BRCA, quello conosciuto come il gene di Angelina Jolie» conclude De Censi.

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