Buchi neri: echi di luce catturati in raggi X, osservazione senza precedenti dell’evoluzione di J1820

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MAXI J1820+70 (J1820 in breve), piccolo buco nero sconosciuto agli astronomi fino al marzo 2018, guadagna la copertina di Nature. Lo studio, guidato da Erin Kara dell’Università del Maryland e presentato al 233°convegno dell’American Astronomical Society in corso a Seattle (Washington), ha permesso un’osservazione senza precedenti dell’evoluzione di J1820, che si trova a soli 10mila anni luce dalla Terra.

Gli echi di luce catturati in raggi X – spiega Global Science – forniscono dettagli dell’ambiente che circonda questo buco nero di “massa stellare”, mostrando come l’oggetto emette energia consumando materia. Un processo non troppo diverso da quanto avviene  nei buchi neri supermassicci, che però evolvono nel corso milioni di anni.

Nel 2018 la missione Gaia dell’Esa ha intercettato per la prima volta la stella compagna del piccolo oggetto cosmico, consentendo di misurare la sua distanza dalla Terra, mentre lo strumento giapponese MAXI (Monitor of All sky-ray Image) a bordo della stazione spaziale ne ha catturato l’evoluzione.

In pochi giorni lo sconosciuto J1820, posizionato nella direzione della costellazione del Leone, è diventato così l’oggetto più luminoso conosciuto del cielo a raggi X. A questo punto lo strumento NICER (Neutron Star Interior Composition Explorer) della Nasa a bordo della Iss, progettato per studiare oggetti deboli e incredibilmente densi come le stelle di neutroni, si è mosso rapidamente per immortalare la drammatica sequenza dell’evoluzione del buco nero.

Le osservazioni mostrano il momento in cui la materia della stella compagna viene consumata, provocando una forte emissione di raggi X e rivelando al tempo stesso cambiamenti nelle dimensioni e nella forma della corona di J1820. Questa intensa mutazione provoca una situazione di instabilità, con la produzione di un flusso di gas verso l’interno del buco nero che emette echi di luce. Da cosa sia causata questa instabilità non è ancora chiaro agli astronomi.

Ciò che invece emerge chiaramente dal nuovo studio è  il fenomeno del ritardo, ovvero la diminuzione del tempo con cui viaggiavano i raggi X prima di essere riflessi. Questa osservazione è stata possibile solo grazie alla vicinanza diJ1820, che ha consentito ai ricercatori di misurare la contrazione della corona del buco nero da 180 a 18 chilometri. Si tratta di un processo di misurazione simile a quello utilizzato dai sonar, che si serve di onde sonore per mappare il terreno sottomarino.

Per poter affermare che il ritardo era dovuto al cambiamento della corona e non del disco di accrescimento, gli astronomi hanno chiamato in causa la teoria della relatività generale di Einstein, secondo la quale il tempo scorre più lentamente nei forti campi gravitazionali e alle alte velocità. La cattura di echi luce ha mostrato che il bordo del disco di accrescimento era molto vicino all’ orizzonte degli eventi, punto oltre il quale nessuna materia o energia può sfuggire.

I drammatici cambiamenti dell’ambiente che circonda i buchi neri non sono di per sé una novità, è la prima volta che questo fenomeno viene osservato nel dettaglio in poche settimane e a distanza ravvicinata. Questo risultato può gettare una nuova luce sull’evoluzione di oggetti cosmici più misteriosi come i buchi neri supermassicci, per comprendere meglio la loro influenza sulle dimore galattiche che li ospitano.

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