Ricerca, 150 anni di ‘Nature’: la bibbia della comunità scientifica mondiale

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La ‘bibbia’ della comunità scientifica internazionale compie 150 anni. Era il 1869 quando uscì il primo numero della rivista ‘Nature’. In quell’anno lo stato americano del Wyoming approvava la prima legge che sanciva il diritto di voto alle donne, lo scrittore russo Lev Tolstoj pubblicava i volumi finali del suo epico romanzo ‘Guerra e Pace’, in Egitto veniva inaugurato il canale di Suez, in India nasceva Mahatma Gandhi. “Il mondo era diverso allora, ma 150 anni dopo alcune cose rimangono le stesse. Una di queste è Nature”: esordisce così l’editoriale con cui la rivista annuncia e celebra il suo compleanno speciale.

“Non è stata la prima e non è la più antica rivista scientifica – precisa il giornale – Ma festeggeremo, soprattutto a novembre”, mese che segna l’avvio ufficiale 150 anni fa delle pubblicazioni settimanali. L’anniversario è occasione, spiegano gli autori, per uno sguardo a come si è evoluta la scienza in questi anni, così come il contesto politico in cui opera, a quali sono stati i progressi più importanti in molte discipline e a come è cambiato il ruolo della scienza nella società in senso lato.

Nature ‘aprirà’ i suoi archivi e condividerà il compleanno con i lettori lanciando riflessioni sul futuro della ricerca. Perché “gli anniversari – si legge nell’editoriale – sono prima di tutto un’opportunità per riflettere”.

“Guardando indietro alla scienza del 1869, scopriamo che fu l’anno in cui Friedrich Miescher isolò ciò che chiamò nucleina (oggi acidi nucleici), dai nuclei dei globuli bianchi”. Solo dopo si capì l’importanza del Dna. “In quello stesso anno, Paul Langerhans descrisse per la prima volta le isole pancreatiche, Dmitri Mendeleev presentò per la prima volta la tavola periodica e Alfred Russel Wallace pubblicò ‘The Malay Archipelago’, in cui descriveva la divisione della fauna e della flora lungo quella che ora è conosciuta come la linea Wallace”.

In un secolo e mezzo Nature non ha mai cambiato il suo nome, ma quando nacque – spiegano dal giornale – le riviste scientifiche servivano principalmente per registrare presentazioni fatte durante meeting di società scientifiche o per ristampare documenti di valore pubblicati altrove, anche in altre lingue. “Quando Nature fu lanciata – ricordano gli autori dell’editoriale – il suo primo editor, Norman Lockyer, voleva che gli ‘uomini di scienza’ scrivessero del loro lavoro per il pubblico generale”.

Poi la rivista “si è concentrata sul servire la comunità di ricerca professionale nel giro di pochi anni dal suo lancio, quando gli scienziati si resero conto che potevano usare il suo rapido ciclo di pubblicazione settimanale a proprio vantaggio per far avanzare il discorso scientifico nella comunità e, infine, per pubblicare le loro scoperte originali”. Oggi la missione è anche “aiutare i lettori a dare un senso al mondo della scienza; a valutare la sua posizione nel contesto della società”.

E in questo senso “Nature ha tradizionalmente pesato su questioni politiche e sociali più ampie. E continueremo a farlo”, assicurano dalla rivista.
Dal focus originario sulla Gran Bretagna, oggi l’obiettivo si è allargato, perché “la ricerca è diventata un impegno globale”. Guardare avanti, sottolineano gli autori, “è un aspetto importante di ogni celebrazione di anniversari. Lo faremo durante tutto l’anno – annunciano – anche per valutare come possiamo meglio continuare a evolverci con la comunità scientifica e le sue esigenze, cercando di sviluppare i nostri sforzi per sostenere la riproducibilità, la diversità e la giustizia sociale nella ricerca. Ci aspettiamo che il 2019 sia un altro anno significativo per la scienza. E continueremo a condividerlo”, è la promessa.

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