Una ricerca pubblicata sulla rivista mSystems, condotta da ricercatori della Northwestern University, han scoperto che i batteri che vivono sulla Stazione Spaziale Internazionale hanno imparato a sopravvivere nello spazio senza diventare pericolosi per l’uomo: hanno sviluppato geni diversi rispetto alle controparti terrestri, che però non li hanno resi dannosi per la salute umana.
Lo studio ha confrontato il DNA dei batteri isolati sulla Stazione spaziale con quelli terrestri: il Centro USA per le informazioni sulle biotecnologie dispone di un database liberamente accessibile al pubblico, contenente le analisi del DNA di molti batteri isolati sulla Stazione Spaziale, e gli scienziati hanno usato proprio questi dati per confrontare il DNA di due particolari batteri, isolati nello spazio, con quelli che vivono sulla Terra (lo Staphylococcus aureus che vive sulla pelle umana e che ha un ceppo resistente agli antibiotici, e il Bacillus cereus, che vive nel suolo).
Gli esperti hanno rilevato che i batteri non sono diventati superbatteri pericolosi e resistenti agli antibiotici: si sono solo adattati, evoluti, per sopravvivere in un ambiente estremo come quello spaziale, alle radiazioni, alla microgravità e alla mancanza di ventilazione.
Poiché le missioni umane su Marte potrebbero diventare una realtà nei prossimi anni è necessario comprendere se i batteri possano rappresentare un pericolo durante i viaggi spaziali, quando gli equipaggi saranno costretti a lunghi periodi di convivenza con i batteri all’interno delle capsule e non sarà possibile aprire finestre, uscire o far circolare l’aria per tempi lunghi.