Negli Stati Uniti d’America, in pieno proibizionismo, i due capi mafiosi Al Capone e l’irlandese George “Bugs” Moran si contendevano il controllo del mercato degli alcolici a Chicago. E proprio nella giornata dedicata agli innamorati, la città ricorda un 14 febbraio ‘diverso’, ovvero quello del 1929, quando gli uomini di Al Capone sterminarono la banda di Bugs Moran. Capone si trovava, proprio quel giorno, a Miami convocato da un giudice federale per un interrogatorio, aveva dunque un alibi a prova di investigatori e quello era il momento giusto. I suoi uomini si presentano da quelli di Bugs travestiti da poliziotti. Il commando mafioso fu guidato dall’autista e luogotenente di Capone, Sam Giancana, con al seguito altri quattro uomini. Gli uomini di Capone si presentarono nel garage al 2122 di North Clark Street e quelli di Moran si lasciarono disarmare e vennero uccisi a colpi di mitragliatore. Almeno cinquanta colpi scaricati addosso ad ogni corpo.
Una delle vittime, Frank Gusenberg, era ancora vivo all’arrivo della polizia, quella vera questa volta. Alla domanda su chi gli avesse sparato rispose “nessuno mi ha sparato” e tre ore dopo morì. Per molti anni l’alibi di Al Capone resse, anche perché i pochi testimoni della scena videro dei poliziotti aggirarsi sul luogo della strage e la tesi sposata fu a lungo quella di un’esecuzione di poliziotti corrotti che volevano mettere a tacere testimoni che sapevano troppo. Solo 40 anni dopo un vecchio gangster, Alvin Karpis, disse la verità gettando nuova luce sui fatti reali. Si tratta, probabilmente, della più grande e sanguinolenta strage della mafia italoamericana.
Le vittime furono Peter Gusenberg, Frank Gusenberg, Adam Heyer, Albert Kachellek, Reinhardt Schwimmer, Albert Weinshank e John May. Bugs Moran fu l’unico superstite per un caso fortuito: un uomo che gli somigliava moltissimo fu ucciso al suo posto. Egli riuscì a fuggire a far perdere le proprie tracce, ma da quel momento in poi Al Capone rimase unico e incontrastato padrone di Chicago.