L’Italia si prepara per la grande siccità: piegato il Nord, nuove possibilità per il Sud con la coltivazione di frutti tropicali

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Siccità e terreni aridi spingono, soprattutto nelle campagne del Nord, anche alla rinuncia alle semine primaverili. Le precipitazioni invernali dimezzate (-50%) rispetto alla media mettono in forse, secondo la Coldiretti, l’avvio delle colture di granoturco, soia, girasole, barbabietole, riso e pomodoro. Non si riscontrano al momento speculazioni sui prezzi, ma per questi prodotti-simbolo della Dieta mediterranea il calo dei raccolti potrebbe in prospettiva portare tensioni sui listini, ”favorite – lamenta Coldiretti – dalle distorsioni lungo la filiera. Occorre perciò soprattutto vigilare sulle importazioni per evitare che vengano spacciati come made in Italy prodotti stranieri’‘. Per Raffaele Maiorano, presidente di Confagricoltura Giovani (Anga), ‘‘la stagionalità è diventata imprevedibile: non si è più in grado di capire cosa coltivare, cosa seminare e in quali periodi farlo. Ciò avrà un impatto in termini di diminuzione o assenza della produzione, aumento dei prezzi e contraccolpi ambientali. Ma arrivano anche opportunità come coltivare il mango, lime e altri frutti tropicali in Calabria e in Sicilia”.

Caldo e siccità hanno peraltro ridotto la portata d’acqua dei torrenti e lasciato a secco gli invasi e i grandi laghi. L’Ente nazionale protezione animali (Enpa) savonese ha chiesto alla Regione Liguria di sospendere la pesca nelle acque interne. “Nel lago di Osiglia – segnala l’associazione animalista – l’acqua è scesa di 11 metri, i torrenti sono quasi asciutti, e ciò genera sofferenze alla fauna ittica’‘. A riva e nei campi dove si è appena seminato è stato necessario intervenire con le irrigazioni di soccorso ma in difficoltà sottolinea la Coldiretti, sono anche le colture autunnali come il frumento, l’orzo, l’erba medica e le altre foraggere. ”Al Nord – denuncia la Coldiretti – la situazione è grave come quella del 2017, costata 2 miliardi di euro in danni negli usi civici dell’acqua e all’agricoltura con tagli alla raccolta di ortaggi e frutta fino al mais, ma anche ai vigneti e al fieno”. In questo contesto è anche allarme incendi – se ne contano uno al giorno dall’inizio del 2019, sottolinea la Coldiretti – favoriti dal vento e dall’ambiente secco in un mese di marzo con temperature massime e minime che sono risultate di tre gradi superiori alla media nella prima decade, secondo l’Ucea.

Una risposta al cambiamento climatico, secondo Marta Cipriani, esperta in orticoltura, intervenuta alla Fiera di Vita in Campagna a Montichiari (Brescia), si basa su quattro cardini: dryfarming, selezione delle varietà, conoscenza del terreno e lettura della stagionalità. ”Con l’irrigazione artificiale – afferma – si è persa la conoscenza di come le piante possono reagire alla mancanza d’acqua. Dobbiamo rieducare il coltivatore al terreno e alla selezione delle varietà di piante più adatte a sopravvivere in un contesto di carenza di risorse idriche, intervenendo sulla lavorazione del suolo per favorire la ricarica delle falde acquifere e limitare la dispersione di ‘oro blu’ nel terreno”.

COLDIRETTI: UN INCENDIO AL GIORNO NEL 2019 A CAUSA DI CALDO E SICCITA’

Foto di Valerio Minato

Per effetto del caldo e della siccità quasi un incendio al giorno è divampato in Italia dall’inizio nel 2019 in cui si contano ben 73 incendi dall’inizio dell’anno con 2343 ettari bruciati contro gli appena 4 roghi dello stesso periodo del 2018 e 26 ettari devastati. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Effis in riferimento alle fiamme che hanno colpito i boschi a Fucecchio in Toscana, nel pistoiese e in provincia di Pordenone. Gli incendi – sottolinea la Coldiretti – sono favoriti dal vento e dall’ambiente secco in un mese di marzo con temperature massime e minime che sono risultate di tre gradi superiori alla media nella prima decade secondo l’Ucea. Ma a pesare – precisa la Coldiretti – è anche la mancanza di precipitazioni con la caduta al nord del 50% di pioggia in meno durante l’inverno. Per ricostituire i boschi andati in fiamme – precisa la Coldiretti – ci vorranno almeno 15 anni con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo. Nelle foreste andate a fuoco – conclude Coldiretti – saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono decine di migliaia di appassionati.

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