Qual è l’incidenza dell’inquinamento atmosferico causato dai veicoli utilizzati per il trasporto merci su gomma, ovvero dalla totalità dei camion, furgoni e autotreni che ogni giorno si spostano lungo le strade del Belpaese? A questa domanda ha cercato di rispondere la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), che ha coordinato uno studio dedicato a “inquinamento atmosferico, cambiamenticlimatici e salute” per l’International Journal of Environmental Research and Public Health.
Dalle prime anticipazioni dello studio emerge che nel 2016 in Italia risultavano immatricolati quasi 4 milioni e 600mila veicoli a uso trasporto merci, responsabili della produzione di 190 tonnellate di PM2.5 e 232 tonnellate di PM10: si tratta dell’emissione di più del 7% del materiale particolato totale – PM, appunto – prodotto in tutta la nazione, che si disperde finemente nella bassa atmosfera allo stato solido o liquido e che lì permane in maniera stanziale. Caso emblematico è quello della pianura padana, già oggetto di infrazione europea proprio per il superamento dei limiti di polveri sottili.
Se consideriamo poi che nello stesso anno – 2016 – l’Agenzia Ambientale Europea ha stimato in 865mila gli anni di vita persi nel nostro Paese a causa di questi inquinanti nel loro complesso, SIMA ha stimato quanti se ne perdono a causa delle sole emissioni provocate dal trasporto merci su gomma e quanto costino in termini di salute. Secondo lo studio, i commerci che viaggiano sulle quattro ruote determinano dagli 8.500 ai 12.000 anni di vita persi all’anno, causando una ricaduta economica compresa tra gli 860 milioni e oltre un miliardo di euro all’anno. Basta una semplice proiezione a uno o più decenni e si ha la portata dell’impatto reale.
“Qualunque soluzione in grado di abbattere anche di qualche fattore percentuale il trasporto merci su gomma – conclude Alessandro Miani, presidente di SIMA – potrebbe generare una diminuzione consistente della mortalità evitabile dovuta a inquinamento atmosferico, con relativo abbattimento dei costi. Applicando le funzioni di rischio (concentrazioni-risposta) suggerite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, già con un decremento di PM2.5 di 10 microgrammi al metro cubo (media annuale) ci si aspetterebbe una diminuzione della mortalità generale del 7%, del 26% quella per eventi coronarici, del 10% per malattie cardiovascolari e respiratorie e del 9% per tumori polmonari. Senza contare peraltro che l’inquinamento atmosferico non provoca solo effetti diretti sulla salute ma anche pericoli indiretti, legati ai cambiamenti climatici indotti dalle emissioni di gas serra”.