Farmaci, esperta: “Per fermare l’Hcv sono cruciali le terapie efficaci e i regimi semplici”

"Un regime semplificato può curare i pazienti con Hcv a prescindere dal genotipo e dallo stato della cirrosi"
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Per raggiungere l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità di eliminare l’Hcv entro il 2030 avremo bisogno di trattamenti altamente efficaci e di regimi di dosaggio semplici. Oltre che di risorse dedicate“. Ad affermarlo all’AdnKronos Salute è Alessandra Mangia, responsabile dell’Unità epatica dell’Irccs Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che ha diretto uno studio in real world multicentrico su sofosbuvir/velpatasvir, un regime anti-epatite C pan-genotipico e pan-fibrotico a singola compressa ‘targato’ Gilead. Lo studio è stato presentato a Vienna all’International Liver Congress 2019 dell’Easl (Associazione europea per lo studio del fegato).
Il lavoro, spiega l’esperta, “ha coinvolto 22 coorti in 7 Paesi, fra cui Italia, Usa e Canada. E includeva pazienti con genotipo 1-6 trattati con un regime a base di una compressa al giorno. Il 4% dei pazienti è stato perso al follow-up, ma dei 4.491 inclusi nella valutazione, circa il 98,5% ha ottenuto una risposta completa“, ovvero il mantenimento di una carica virale non rilevabile 12 settimane dopo il completamento della terapia.
Questa analisi dimostra che un regime semplificato può curare i pazienti con Hcv a prescindere dal genotipo e dallo stato della cirrosi. Il che è essenziale per poter implementare strategie di test e trattamento in tutto il mondo. Il problema – avverte Mangia – è che in Italia alla fine di quest’anno non avremo più fondi dedicati. E poi sono rimasti i pazienti difficili da raggiungere e trattare. Non vorremmo che si mollasse arrivati all’ultimo miglio“.
E’ essenziale, secondo la specialista, poter contare su “risorse ad hoc per poter offrire una cura a pazienti che comunque ne hanno diritto. Oltretutto si rischia di vanificare gli sforzi fatti, mantenendo ‘serbatoi’ di infezioni. Fra i pazienti difficili da trattare – aggiunge Mangia – ci sono anche persone di una certa età, che pensano di stare benino e soprattutto faticano a muoversi: se il percorso si semplifica, diventa più facile coinvolgerle“. Altra categoria a rischio è “quella delle badanti, che vengono da Paesi dell’Europa dell’Est o del Sudamerica e hanno un’infezione da Hcv o Hbv. La cosa positiva è che, in questi casi, speso scatta il passaparola e le badanti, accompagnate magari dalle famiglie in cui lavorano, si presentano per controlli e terapie. E’ essenziale – conclude l’esperta – che non si abbassi la guardia contro le epatiti”.

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