Malattie rare: Giornata mondiale dell’emofilia, in Italia più di 5mila pazienti

L'emofilia è la coagulopatia emorragica più conosciuta, una malattia di origine genetica trasmessa per via femminile che colpisce quasi esclusivamente i maschi
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In Italia sono più di 5 mila le persone con emofilia. “Più precisamente, nell’ultima rilevazione 2017 sono 4.179 i pazienti affetti da emofilia A e 898 quelli affetti da emofilia B“. Sono i dati aggiornati, in occasione della 15ª Giornata mondiale dell’emofilia, del Registro nazionale delle coagulopatie congenite emorragiche, attivo dal 2005 all’Istituto superiore di sanità (Iss). L’emofilia è la coagulopatia emorragica più conosciuta, una malattia di origine genetica trasmessa per via femminile che colpisce quasi esclusivamente i maschi.
Esistono però due forme di emofilia: “L’emofilia A e l’emofilia B – ricorda l’Iss – La prima è dovuta a un deficit del fattore VIII della coagulazione, la seconda a un deficit del fattore IX. Chi è affetto da questa malattia è soggetto a emorragie che possono dar luogo a manifestazioni molto varie, da ecchimosi ed ematomi di dimensioni contenute a sanguinamenti articolari molto dolorosi e invalidanti, fino a emorragie imponenti che possono mettere a rischio la vita del paziente. In mancanza di storia familiare della malattia – spiegano gli esperti – i primi segnali di emofilia grave si hanno intorno all’anno di vita: si tratta soprattutto di lividi dovuti a piccole emorragie sottocutanee, ma possono anche essere sanguinamenti muscolari che producono tumefazioni dolorose che impediscono al bambino i normali movimenti degli arti colpiti“.
Tra i pazienti bisogna fare una distinzione in base alla gravità della patologia: per l’emofilia A il 44,3% delle persone colpite presentano la forma grave (1.850), il 13,7% la forma moderata (572) e il 42,0% quella lieve (1.757); per l’emofilia B il 35% dei pazienti è affetto dalla forma grave (314), il 21,2% dalla moderata (190) e il 43,9% dalla lieve (394). Il Registro è alimentato dai dati forniti dai medici specialisti che lavorano presso i Centri emofilia presenti sul territorio italiano (11 nel Nord-Ovest, 16 nel Nord-Est, 8 nel Centro, 14 nel Sud e 5 nelle Isole) e che, per la maggior parte, fanno parte dell’Associazione italiana centri emofilia (Aice). I dati forniti riguardano non solo l’epidemiologia delle coagulopatie emorragiche, ma anche i trattamenti terapeutici, le complicanze della terapia e i consumi dei farmaci che si utilizzano per il trattamento dei pazienti.
La terapia elettiva dell’emofilia è quella sostitutiva – prosegue l’Iss – che prevede la somministrazione ‘a domanda’, in caso di sanguinamento in atto, o ‘in profilassi’, rivolta alla prevenzione dei sanguinamenti, di un concentrato di fattore VIII o IX (di derivazione plasmatica o ricombinante)“. Dai dati del Registro risulta che il regime terapeutico più utilizzato per il trattamento dei pazienti affetti da emofilia grave è la terapia in profilassi, adottata nell’86,8% dei pazienti con emofilia A grave e nell’81,4% dei pazienti con emofilia B grave. La somministrazione a domanda del concentrato di fattore carente è invece il trattamento di scelta per le emofilie moderate e lievi.
L’evento avverso più importante nel trattamento dei pazienti con emofilia consiste nello sviluppo di anticorpi anti-FVIII e anti-FIX (inibitori). “La presenza di inibitori rende inefficace il trattamento con la terapia sostitutiva convenzionale, con conseguente minor controllo degli episodi emorragici. Nel 2017 – sottolinea l’Istituto superiore di sanità – 135 pazienti sono stati sottoposti ai trattamenti raccomandati in caso di inibitore, di questi l’85,2% è costituito da pazienti con emofilia A grave e il 7,4% da pazienti con emofilia B grave. Lo sviluppo degli anticorpi inibitori compromette la qualità della vita dei pazienti e ha un impatto significativo sulla gestione terapeutica del paziente, oltre a comportare un aumento marcato del costo della terapia“.
Grazie all’efficacia delle procedure di inattivazione virale dei farmaci di derivazione plasmatica e all’avvento dei prodotti ricombinanti utilizzati nella terapia sostitutiva – rimarcano gli esperti – si è praticamente azzerato il rischio che il trattamento sostitutivo provochi l’infezione da virus Hiv e Hcv nei pazienti emofilici. I dati del Registro lo confermano, infatti i pazienti positivi all’Hcv presenti nella rilevazione 2017 sono 1.224 (di cui 169 positivi anche all’Hiv), ma solo 5 nella popolazione pediatrica (under 18 anni), e tutti di origine straniera, trattati con prodotti plasmatici nei loro Paesi di origine prima di essere seguiti presso i Centri emofilia italiani“.

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