Psichiatria, 18 anni e salto nel vuoto: il 15% dei pazienti non è seguito da nessuno

Fino a 18 anni baby-pazienti delle Unità di neuropsichiatria infantile e dell'adolescenza (Uonpia). Poi il salto nel vuoto. E' il destino che tocca a molti adolescenti con problemi psichici o comportamentali: diventano maggiorenni e rischiano l'invisibilità
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Fino a 18 anni baby-pazienti delle Unità di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza (Uonpia). Poi il salto nel vuoto. E’ il destino che tocca a molti adolescenti con problemi psichici o comportamentali: diventano maggiorenni e rischiano l’invisibilità. Uno studio europeo, che ha coinvolto 8 Paesi tra cui l’Italia, ha indagato sul destino di un campione di mille ragazzi nella fascia d’età in cui dovrebbe avvenire la transizione. Questa la fotografia: “Solamente uno su 9 è passato” dalle Uonpia, dedicate alla fascia 0-18, “ai servizi per l’età adulta, che fanno capo ai Dipartimenti di salute mentale” (Dsm). Una quota sembra essersi persa. Per loro la fase di passaggio è un salto nel vuoto, fuori dai binari tracciati: si tratta di un 14,8% rimasto senza riferimenti, ragazzi “non seguiti più da nessuno”. C’è poi un 21,6% di cui non si conoscono gli sviluppi.
Per quanto riguarda il resto: un 26,1% risultava ancora in carico alle Uonpia, altri si sono affidati a professionisti privati (risulta infatti un 8,2% che si è rivolto ad altri erogatori di servizi), il 9% è nelle mani del medico di famiglia, come unico riferimento in camice. “Troppi adolescenti” con queste tipologie di problemi “non sono più seguiti durante l’adolescenza”, rimangono soli in un delicato momento della vita “e quando ritrovano una possibilità assistenziale è troppo tardi”, evidenziano gli esperti dell’Irccs Fatebenefratelli di Brescia, che hanno partecipato allo studio europeo e al tema della continuità delle cure dedicano un convegno di 2 giorni (domani giovedì 11 aprile e venerdì 12), promosso con la Regione Lombardia nel Centro Paolo VI.
La frattura che si verifica spesso nella transizione “è un problema con cui i servizi di salute mentale devono fare i conti in tutti i Paesi europei”, evidenziano i promotori dell’incontro scientifico. Otto di questi hanno investito nel progetto europeo Milestone, in fase di conclusione, per colmare questo vuoto e sviluppare nuovi modelli assistenziali per i giovani pazienti che transitano da Uonpia a Dsm. Al progetto partecipano Italia, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Olanda, Regno Unito. Cuore dell’iniziativa uno studio sperimentale, appunto lo studio Milestone, coordinato in Italia da Giovanni de Girolamo (Fatebenefratelli Brescia), che ha coinvolto una coorte di circa 1.000 giovani di età intorno ai 17 anni e mezzo, insieme a genitori e clinici di riferimento in Uonpia e Dsm.
I ragazzi sono stati seguiti a intervalli regolari per oltre 2 anni dal team di ricerca, 900 i familiari coinvolti. Il fronte italiano, coordinato dall’Irccs di Brescia, ha reclutato il maggior numero di partecipanti allo studio sperimentale: 223 pazienti. Nel Belpaese hanno aderito al progetto 11 servizi di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, e altrettanti Dsm. La raccolta dati si è conclusa a gennaio 2019. Due giovani su 3 vivevano con entrambi i genitori (biologici o in famiglie ricostituite), mentre nel 24% appartenevano a famiglie mono-genitoriali.
I giovani erano in carico ai servizi prevalentemente per disturbi d’ansia (24%) o dell’umore (31%), disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività – Adhd (21%) e disturbi dello spettro autistico (15%). Nel caso del campione italiano i disturbi d’ansia prevalgono (23%) rispetto quelli dell’umore (17%) e più numerosi, rispetto ai casi di Adhd e di disturbi dello spettro autistico riscontrati nel campione internazionale, sono anche i disturbi del comportamento alimentare (11%) e i disturbi psicotici (8%).
Un dato spicca osservando i tassi relativi ai tentativi di suicidio nel corso della vita: se nel Regno Unito la percentuale di giovani in trattamento che hanno tentato il suicidio almeno una volta raggiunge ben il 44% del campione, seguita da Olanda, Irlanda, Germania e Belgio (tra il 35 e 25 %), nel caso dei Paesi mediterranei (Francia, Croazia e Italia) i tassi scendono sotto il 20%, con l’Italia che registra il tasso più basso tra tutti gli 8 Paesi partecipanti (12,5%). Osservando invece i dati relativi al sottocampione dei pazienti con una diagnosi clinica di depressione, emerge che il 57% ha un genitore che nella vita ha sofferto o soffre di un disturbo mentale, contro il 15% dei giovani che non hanno un disturbo depressivo.
Il progetto Milestone studia la transizione tra le Uonpia e i Dsm testando se l’impiego di uno strumento di supporto decisionale per il clinico – chiamato Transition Readiness and Appropriateness Measure (Tram) – migliori la pianificazione e gli esiti di questo passaggio. Tale verifica viene effettuata confrontando gli esiti clinici dei giovani che sono entrati nel braccio ‘sperimentale’, e sui quali il team di ricerca ha effettuato una valutazione con il Tram, con gli esiti di giovani seguiti da servizi che non impiegano questa procedura in qualche modo standardizzata, che prevede un’attenta valutazione da parte del team di ‘partenza’ (Uonpia) e di ‘arrivo’ (Dsm). I risultati relativi all’uso di questo strumento saranno presentati per la prima volta al convegno che si apre domani a Brescia.
Nell’ambito di altre attività di Milestone il coordinatore italiano del progetto, de Girolamo, e la collega Giulia Signorini hanno anche condotto per la prima volta una ‘mappatura’ delle Uonpia nei 28 Paesi europei e la ricerca è stata pubblicata su ‘Lancet Psychiatry’ e su ‘European Child and Adolescent Psychiatry’: il team ha evidenziato anche le criticità (ad esempio, solo 2 Paesi tra i 28 coinvolti hanno dichiarato di avere protocolli d’intesa a livello ufficiale e nazionale tra differenti tipi di servizi di salute mentale per regolamentare e garantire la continuità delle cure) e sono state messe in luce le differenze tra i diversi Paesi in termini di attività, accessi dell’utenza, distribuzione e risorse. Differenze che “impongono un’attenta riorganizzazione dei servizi di salute mentale in tutta Europa, al fine di pianificare e realizzare modelli di cura più centrati sulla persona”.
Una percentuale compresa tra l’1,5% e il 3% della popolazione in età infantile e adolescenziale è in contatto, nei 28 Paesi europei, con un servizio di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e gli esperti giudicano “essenziale ottimizzare la qualità delle cure in questa fase della vita”.

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