Creato un robot-microscopio superveloce per la ricerca sulla materia oscura

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L’équipe italo-russa di scienziati dell’Università nazionale di scienza e tecnologia “MISiS” (Mosca) e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN, Napoli) hanno messo a punto una tecnologia semplice ed economicamente vantaggiosa che permette di aumentare di decine di volte la rapidità di funzionamento dei microscopi automatici utilizzati in campi molto diversi, dalla fisica nucleare all’archeologia, dalla cura del cancro alla vulcanologia. I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica “Scientific Reports” della casa editrice Nature.

La scienza moderna richiede l’applicazione di sistemi di scannerizzazione ultra-rapidi, in grado di effettuare analisi di elevata precisione nella struttura interna di determinati campioni e di ottenere e rielaborare grossi volumi di informazioni. Questi sistemi sono rappresentati dai microscopi automatici (MA) di nuova generazione, cioè robot dotati di meccanica e ottica ad alta precisione e di telecamere superveloci. Tali microscopi funzionano in maniera milioni di volte più rapida di un operatore microscopista.

Gli scienziati cercano comunque il modo di aumentare ancora la velocità di esecuzione dei robot già esistenti. Microscopi perfezionati saranno indispensabili, ad esempio, negli esperimenti relativi alla ricerca della materia oscura, nei quali bisogna avere letteralmente a che fare con decine di tonnellate di pellicola emulsionata dai rilevatori con il cui aiuto vengono fissate le tracce di particelle differenti. La cosiddetta materia oscura è una sostanza ancora misteriosa a cui si ritiene appartenga una quota molto grande della massa di materia nell’Universo.

Secondo il parere degli scienziati, in ogni galassia vi è di regola 8-10 volte più materia oscura della sua “cugina” visibile, ed è proprio la materia oscura che tiene le stelle al loro posto e non permette loro di “disperdersi”. “Nella nostra ricerca è stata testata una tecnologia di scannerizzazione ottica di campioni sottili completamente automatizzata, sulla quale si baserà una nuova generazione di microscopi automatici – ha detto all’agenzia RIA Novosti uno degli autori della ricerca, il collaboratore dell’Università nazionale di scienza e tecnologia “MISiS” e dell’INFN Andrej Aleksandrov – abbiamo analizzato il rendimento e abbiamo valutato la velocità di scannerizzazione raggiungibile rispetto ai metodi tradizionali”.

“La tecnologia di visione artificiale consente in tempo reale ai microscopi automatizzati di riconoscere gli oggetti e di decidere autonomamente di elaborare la loro immagine oppure di passare a un altro punto – ha aggiunto Aleksandrov – per la lavorazione di un flusso di immagini grande (circa 2 gigabyte al secondo su ogni telecamera) e per l’accelerazione dei calcoli intensivi, viene attualmente utilizzata la tecnologia dei calcoli CUDA e delle schede video GPU. Dal canto nostro, abbiamo realizzato una tecnologia per far girare il piano focale”. Secondo lo scienziato, “l’efficacia e la precisione di questo approccio si sono rivelate paragonabili a quelle tradizionali, mentre la velocità di scannerizzazione è proporzionale al numero delle telecamere applicate: possiamo quindi affermare si tratti di un notevole progresso”.

Gli scienziati hanno poi intenzione di creare e di testare un prototipo da lavoro di nuova generazione che sfrutti la tecnologia da loro realizzata di rotazione del piano focale. L’aumento di 10-100 volte della velocità di tali microscopi permette di ingrandire considerevolmente il volume dei dati elaborabili e di diminuire il tempo dedicato all’analisi degli stessi senza grosse spese, e anche di allargare i confini di applicazione del metodo dei rivelatori di tracce a emulsione. “I futuri esperimenti scientifici che verranno effettuati con rivelatori simili saranno dedicati alla ricerca di particelle di materia oscura, all’indagine sulla fisica del neutrino, allo studio della frammentazione degli ioni per le necessità della terapia adronica contro il cancro, e alla protezione degli equipaggi delle missioni interplanetarie dai raggi cosmici”, ha concluso Aleksandrov.

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