Tumori: gli oncologi si serviranno delle potenzialità dell’intelligenza artificiale per migliorare le diagnosi

Nell'intelligenza artificiale la nuova alleata degli oncologi: sfruttando le capacità della tecnologia sarà possibile avere elle diagnosi più accurate ed elaborare cure personalizzate
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La tecnologia dell’intelligenza artificiale che già offre le sue potenzialità in svariati campi si avvicina al mondo medico. In quanto andrà in aiuto agli oncologi e grazie all’utilizzo di sofisticati algoritmi e di poderosi processori sarà possibile migliorare la gestione della diagnosi dei pazienti.

A dimostrarlo sono alcuni studi presentati all’ASCO (American Society of Clinical Oncology), in corso a Chicago. Nello specifico l’Ibm Watson Health, grazie al programma Watson for Genomics, consente di lavorare all’oncologia di precisione per soddisfare le crescenti esigenze di cura personalizzata del cancro. Ben 22 studi portati all’ASCO dimostrano come l’intelligenza artificiale possa essere utile ai medici e ai pazienti. Infatti riesce laddove la gestione intensiva di una enorme mole di dati mette in difficoltà i professionisti. Uno dei 22 lavori è lo studio prospettico in cieco del Manipal Comprehensive Cancer Center di Bangalore (India) su 1000 casi di tumore al seno, al colon-retto e al polmone, valutati da un team multidisciplinare tra il 2016-2018.

Il risultato è che nel 13,6% dei casi l’intelligenza artificiale ha modificato in meglio le decisioni dei medici, diagnosi o trattamenti che erano stato presi all’interno del tumor board che seguiva i pazienti. La potenza di calcolo del computer si dimostra quindi un alleato degli oncologi, in grado di evitare il sovraccarico di dati e informazioni che spesso impediscono di prendere la decisione migliore. Inoltre in un altro studio coreano, condotto su 54 pazienti in cura per patologie onco-ematologiche, l’intelligenza artificiale applicata al sequenziamento del DNA ha portato a intuizioni clinicamente attuabili che non erano state individuate nell’interpretazione manuale nel 33% dei casi.

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