50° anniversario dell’allunaggio, Piero Angela ricorda lo sbarco sulla luna, vissuto a New York: “Lì scelsi per sempre la scienza”

Piero Angela ha vissuto lo sbarco sulla luna a New York: quella storica impresa, il suo significato e il clima respirato negli USA gli fecero scegliere la scienza come professione
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La missione Apollo 11 e lo sbarco sulla luna hanno fatto innamorare milioni e milioni di persone e da quel 20 luglio 1969, è cambiato il modo in cui l’umanità ha guardato alla luna e all’esplorazione spaziale. Tra quanti si sono fatti ispirare da quella storica impresa, c’è anche chi, dopo aver visto Armstrong e Aldrin calpestare il suolo lunare, si è totalmente innamorato della scienza. In un’intervista a LaPresse, Piero Angela ricorda perfettamente quella missione e come cambiò la sua vita: “La notte della Luna ero a New York, vidi lo sbarco su un maxi schermo a Central Park e lì decisi che mi sarei dedicato alla divulgazione scientifica“.

Da anni seguiva le missioni spaziali della Nasa: “In quella occasione per la prima volta non potevo essere a Houston perché c’era il grande programma in studio a Roma, e per questo ero a New York. C’era la folla dei newyorkesi davanti a un maxi schermo ad assistere con emozione all’allunaggio. L’atmosfera era tesa e quando finalmente arrivò l’annuncio ‘L’aquila è atterrata!’ ci fu un’esplosione di felicità: la gente si abbracciava, ballava, piangeva, altri stappavano bottiglie. Era la fine di un incubo perché, forse non è stato spiegato abbastanza, ma quella sera il rischio era altissimo. Tra l’altro si trattava di una specie di finale del campionato del mondo, nel senso che si era vinta la sfida con l’Urss che fino all’ultimo aveva un razzo in preparazione, molto competitivo e alla fine andò male“.

La navetta era partita quattro giorni prima, lanciata da un razzo Saturn V dal Kennedy Space Center: “La partenza era sempre il momento della verità – spiega Angela – perché erano razzi montati ma mai sperimentati, visto che non era possibile fare una prova. Noi eravamo a distanza di 5 chilometri insieme ai tecnici della Nasa, ai familiari e a tutti gli altri. Nei primi istanti la tensione fu altissima, poi arrivò il rumore di una vibrazione, come un lenzuolo che si strappa, che si sentì in ritardo perché ci volevano 15 secondi prima che arrivasse a chi assisteva. E finalmente, superata la quota di sicurezza, l’applauso e le grida liberatorie a partire dai familiari degli astronauti che, accanto a noi, si erano tenuti per mano fino a un istante prima“. Dopo la notte del 21 luglio 1969, Angela decise di dedicarsi alla divulgazione scientifica: “In tutti i centri della Nasa si studiavano non sono le missioni spaziali ma anche la parte extra terrestre e la nascita della vita sulla terra – dice -. C’era tutta una parte di evoluzione della vita e la possibilità che si fosse ripetuta altrove e questo mi affascinava molto. Lì decisi di non fare più il telegiornale e di dedicarmi alla scienza“.

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